Wednesday, June 23, 2010

Consumi di Carne e Consumi Energetici

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Due settimane fa ho partecipato alla giornata pubblica del Forum organizzato dal Global Footprint Network a Colle Val d'Elsa.  I ricercatori del Network studiano da anni l' Impronta Ecologica degli Umani  sul Pianeta. Essi misurano, Paese per Paese, il rapporto tra la disponibilità di risorse naturali (Biocapacità) e la pressione esercitata dalle attività umane. Le analisi sono molto interessanti e i dati molto allarmanti. In generale, i Paesi industrializzati e molti degli Stati del Middle East (Emirati Arabi Uniti in testa) usano troppe risorse naturali ed hanno un' Impronta Ecologica procapite troppo alta.  Ciò è dovuto a stili di vita sbagliati e chiaramente  insostenibili.

E' ormai acclarato che la domanda di prodotti alimentari e le connesse pratiche agricole hanno un peso determinante sull'ambiente e pertanto ogni cittadino può, nelle sue scelte alimentari quotidiane, indurre processi virtuosi oppure perversi.

Gli organizzatori del Forum ci hanno generosamente offerto un bel buffet (servito da una ditta di catering) in cui ci si poteva abbuffare anche di carne e salumi. I ricercatori e i partecipanti al Forum non si sono tirati indietro ed hanno mangiato molto nonostante la giornata fosse assai calda. I vassoi di carne venivano rapidamente svuotati nonostante il consumo e la produzione di carne abbiano un costo ambientale elevatissimo. Ritengo dunque che l' Impronta Ecologica del Forum, qualora fosse stata calcolata, sarebbe risultata insostenibile.  Si sa, ahimè, che la coerenza non è virtù molto diffusa tra gli umani...

La  produzione industriale di carne richiede molta acqua ed energia. Tipicamente, per produrre 1 Caloria di proteina da tacchino servono come input 10 Calorie di energia da combustibili fossili mentre 1 Caloria di proteina da manzo costa circa 35 Calorie.  Un chilo di carne di manzo potrà fornire circa 2000 Calorie (dipende anche dal taglio) che corrispondono a circa 2.3 KWh  (KiloWatt Ora). Ma per produrre quel chilo di carne servono circa 80 KWh che equivalgono al contenuto energetico di circa sette litri di petrolio.

Anche gli italiani mangiano generalmente troppa carne, oltre 80 chili a testa per anno secondo le statistiche che inglobano i neonati !  Un'esagerazione ..ed anche per questo motivo il popolo digerisce e defeca male. Complessivamente gli italiani vivono in modo insano e già da giovani sono imbottiti di farmaci. Alimentandosi male sono poi anche improduttivi sul lavoro come mi capita purtroppo spesso di notare.

Cambiando il regime alimentare,  l'individuo otterrebbe tre benefici: 1) manterrebbe meglio il proprio corpo, 2) spenderebbe meno quattrini, 3) ridurrebbe i consumi energetici. Infatti,  rinunciando anche solo a 10 chili di carne bovina e 10 chili di carne suina all'anno,  si indurrebbe un risparmio energetico di circa 1200 KWh annui che, per inciso, è la quantità di energia prodotta installando un mini impianto fotovoltaico da 1 KW.

I temi ambientali diventano sempre più centrali ed anche diversi famosi letterati manifestano il proprio impegno ecologico. Installare pannelli solari è di moda (almeno finchè durano gli incentivi) e in Italia il business del fotovoltaico è cresciuto fortemente negli ultimi anni. Mi fa piacere che ci siano sempre più case ed uffici che producono almeno una parte dell'energia elettrica che consumano. Noto solo che il boom di pannelli sui tetti servirà a poco se non cambieranno radicalmente le abitudini e gli stili di vita di coloro che abitano in quelle case. Come sempre il modo migliore per produrre energia è quello di risparmiarla, a partire dal sistema alimentare.

Friday, June 11, 2010

Illusione della Crescita e Realtà della Biofisica

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Un bravo ragazzo che lavora in un'azienda della Val di Chiana mi diceva qualche giorno fa che è necessario rilanciare i consumi per far girare l'economia. Il poveretto ripeteva scioccamente e a pappagallo il mantra, diffuso quotidianamente dai media, che bene sintetizza la visione economica dominante: "solo se l'economia cresce ci sarà ricchezza da redistribuire e dunque anche gli individui vedranno aumentare il loro benessere". La crescita economica è dunque un imperativo categorico. Ogni nazione potrà perseguire tale obiettivo specializzandosi nella produzione di beni che potrà esportare a prezzi competitivi mentre importerà quei beni che altre nazioni produrranno a prezzi relativamente minori. In questa concezione Ricardiana del vantaggio comparativo il libero scambio è favorevole per tutti e il commercio internazionale farà crescere la ricchezza delle nazioni.

Purtroppo il pensiero convenzionale fa i conti senza l'oste in quanto considera la sfera dell' economia come separata dall' eco-sfera. Per produrre i beni, la cosiddetta ricchezza, bisogna però prelevare materie prime dall'eco-sfera e così facendo si perturbano gli ecosistemi. Poichè le materie prime (risorse naturali) sono comunque limitate non si vede come la crescita possa durare all'infinito.  A questo punto il mantra dominante entra in crisi e, a ben vedere, è già in crisi da un pezzo. La straordinaria pressione esercitata dagli umani sul Pianeta (aumentati di 4 volte in 100 anni) e il nuovo ruolo mondiale delle grandi economie asiatiche hanno solo reso più evidente in questi ultimi anni come le idee della crescita e del commercio globale siano impregnate di illusioni positiviste.

Queste medesime visioni animavano i dirigenti dell' Union Carbide  (UC) che, all'inizio degli anni '60 del secolo scorso, pensarono di costruire a Bhopal (India) una fabbrica modello per produrre il Sevin, un pesticida a base di isocianato di metile che avrebbe finalmente risolto i problemi dei contadini indiani. Anche molti politici indiani, locali e nazionali,  erano convinti della bontà di quel progetto e i tanti ingegneri indiani assunti dall' UC erano felici di mettere le proprie competenze al servizio della Nazione e di contribuirne alla prosperità. La fabbrica fu inaugurata in pompa magna il 4 Maggio 1980 alla presenza del Presidente UC Warren Anderson.

Da lì a qualche tempo l'assurdità del progetto divenne evidente. Si legga il magnifico libro di Lapierre e Moro per una ricostruzione dettagliata degli eventi. E' tradotto anche in Italiano.  Il 26 Ottobre 1984 la produzione terminò e la fabbrica fu progressivamente abbandonata (le stesse operazioni di manutenzione furono sospese)  nonostante il micidiale carico di isocianato di metile fosse ancora nelle vasche della fabbrica. Nella notte tra il 2 e il 3 Dicembre 1984 si verificò uno dei più grandi disastri della storia industriale. In questi giorni ne abbiamo visto l'epilogo con le ridicole condanne ad otto dirigenti indiani mentre i caporioni dell'UC (latitanti) l'hanno fatta franca.

Dall'industria chimica all'industria petrolifera l'illusione della crescita insostenibile continua...

Intanto nel Golfo del Messico il pozzo petrolifero è stato (forse)  tappato ma la commissione di esperti coordinata dal US Geological Survey stima che, dal 20 Aprile al 3 Giugno, siano fuoriusciti dai 20000 ai 40000 barili di petrolio al giorno....e non "solo" 5000 come diceva inizialmente la compagnia inglese BP. Ciò è paragonabile ad almeno nove disastri del tipo Exxon Valdez.




Caratteristica fondamentale degli umani è però quella di dimenticare in fretta...in fondo è meglio dimenticare i disastri perchè il petrolio è il vero propulsore dell' economia che gira, almeno fino a quando ce ne sarà. Peccato però che questi disastri abbiano oramai dimensioni e conseguenze tali da mangiarsi anche porzioni consistenti di Prodotto Interno Lordo.


Five Past Midnight in Bhopal: The Epic Story of the World's Deadliest Industrial Disaster

Not One Drop: Betrayal and Courage in the Wake of the Exxon Valdez Oil Spill
 

Monday, June 7, 2010

Impronte Ecologiche, PIL e Stupidità di Massa

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E' oramai evidente da tempo che i modelli economici mondiali,  basati sullo sfruttamento incosciente e illimitato delle risorse naturali, sono falliti. Le ritornanti crisi economico-finanziarie sono solo un appendice della più fondamentale crisi di paradigmi culturali imperniati sul concetto di crescita illimitata.

Infatti, le risorse del Pianeta sono limitate e la popolazione crescente in molte parti della Terra (e che aspira a livelli di consumo sempre più alti) esercita una pressione già insostenibile: gli umani consumano complessivamente più risorse naturali di quelle disponibili come documentano da tempo le analisi del Global Footprint Network.   Ed anche conflitti storici assai complessi come quello israelo-palestinese (di cui recentemente abbiamo visto nuove clamorose puntate) hanno come con-causa  decisiva la questione demografica e la questione della spartizione delle risorse,  l'acqua in primis, disponibili in quelle terre magnifiche ma iper-sfruttate.

Dato questo drammatico contesto risulta incredibile la cecità di quei politici ed economisti che ancora esultano di fronte a variazioni positive del PIL, tanto piccole quanto effimere.   Non hanno capito alcunchè.  Ed in effetti i guai dei sistemi economici italiani e mondiali dipendono in modo cruciale dalla grande questione della stupidità di massa. Che in verità non conosce confini anche se in questo Paese è particolarmente acuta.

E' fuori discussione che soltanto investendo in cultura si potranno costruire società ed individui più efficienti,  capaci di usare i beni ambientali con parsimonia e di rispettare il Pianeta che ci ospita. La stupidità di massa genera invece falsi bisogni e frenesie consumistiche che logorano sia gli individui che gli ambienti naturali.  A questo proposito suggerisco :

1) la lettura di un interessante articolo del Wall Street Journal sulla crescita dei grandi centri commerciali nelle principali città degli stati dell' Amazonia Brasiliana.

2)  un bel video del WWF degli Emirati Arabi Uniti i cui cittadini hanno notoriamente un'impronta ecologica molto alta.




In ogni caso è difficile sperare che le popolazioni, sia in Occidente che in Oriente, cambino di colpo modelli di consumo e paradigmi culturali se non saranno le classi politiche e dirigenti a incentivare processi virtuosi e dis-incentivare le economie sprecone. E' naturale però essere pessimisti fintantochè ci saranno in giro cretini che valutano la ricchezza nazionale sulla base del PIL.

Friday, June 4, 2010

Riscaldamento Globale e Percezioni di Massa

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Il fatto che l'inverno appena trascorso sia stato freddo in alcune zone d'Europa (tra cui l'Italia) ha indotto diversi sciocchi a gridare che il riscaldamento globale non esiste...è una pura invenzione di qualche ambientalista esagitato !

Gli sciocchi si contraddistinguono sempre per due proprietà fondamentali interdipendenti: 1) sono ignoranti, 2) sono incapaci di vedere e annusare oltre la punta del proprio naso.
Eppure, quando ancora l'Italia era coperta dalla neve, sarebbe bastato spostarsi di qualche centinaio di kilometri per esperire come, ad esempio in Grecia, le temperature invernali erano ben al di sopra delle medie stagionali.

In periodi di forte crisi economica la lungimiranza delle masse, già generalmente scarsa, crolla a zero. Il provincialismo dei media italiani è poi ben noto e dunque temo siano in pochi a sapere che, tanto per dirne una, l'India sta registrando da diverse settimane temperature record soprattutto nel Nord. Dal Gujarat al Bihar i morti sono centinaia mentre i termometri misurano i 50 °C e le piogge monsoniche non arrivano.







Ovviamente l'innalzamento delle temperature è un fenomeno globale medio quand'anche, in alcune zone del globo, si registrino brusche diminuzioni nelle temperature locali. Coloro i quali siano andati a scuola sanno che, all'interno di un andamento tendenziale complessivo, si possono registrare fluttuazioni  anche forti di segno contrario, dunque in contro tendenza.

E così gli Stati Uniti stanno vivendo ora settimane caldissime dopo aver avuto a Gennaio e Febbraio giornate freddissime. Il punto chiave è però che il numero di giornate calde record è di gran lunga superiore al numero di giornate fredde record come viene ben evidenziato dai grafici di Capital Climate a cui val la pena dedicare qualche minuto. Ergo, le temperature medie crescono nettamente anche se, qui è lì, ci sono alcune giornate mattacchione di gran freddo.

Insomma prima di voler dire la propria su argomenti così importanti sarebbe bene studiare un pochino e smettere di osservare soltanto il proprio ombelico.

Thursday, June 3, 2010

On the Gaza Flotilla Disaster and Middle East Perspectives

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Two enlightening contributions by Ronen Bergman on The Wall Street Journal and Amos Oz on The New York Times explain the background of  recent clashes in Mediterranean waters and propose possible scenarios for peace agreements in key areas of the Middle East.

  

Wednesday, June 2, 2010

Gaza e Israele

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Due giorni dopo l'attacco del commando israeliano alla nave turca Mavi Marmaris una cosa è chiara: si è trattato di un'azione fallimentare per Israele dal punto di vista politico ed anche militare. Diversi esperti militari ed anche attenti commentatori israeliani sono convinti che la marina israeliana abbia pianificato male l'azione sottovalutando la capacità di reazione dell'organizzazione non governativa turca IHH che ha organizzato la Gaza Freedom flotilla.

Naturalmente solo qualche sciocco pacifista, emotivo e settario, può pensare che gli israeliani siano i cattivi e che gli attivisti della Gaza Freedom  flotilla siano i buoni.  L'organizzazione IHH fondata da Bülent Yildirim è nota infatti da tempo non solo per le sue attività filantropiche ma anche per il suo appoggio ad Hamas e a gruppi del terrorismo internazionale.  Era dunque chiaro che Israele non avrebbe permesso alle navi dell' IHH di attraccare liberamente a Gaza.

Premesso questo, l'azione israeliana risulta assurda in quanto si è svolta in acque internazionali ad 80 miglia dalla costa e ciò fa passare automaticamente Israele dalla parte del torto. Inoltre la morte di nove (?) persone sul ponte della nave aumenta ulteriormente l'isolamento internazionale di Israele. Sarebbe stato forse più saggio cercare di scortare la nave turca fino al porto di Ashdod e comunque intervenire laddove inizia il blocco navale della striscia di Gaza.

Ricordiamo che in quel territorio di 378 kilometri quadrati vivono, in condizioni impossibili,  oltre un milione e mezzo di persone con una densità di 4000 abitanti per km quadro, una delle più alte al mondo. Ed erano meno di centomila nel 1948 !  Di certo la questione demografica è capitolo fondamentale del conflitto israelo-palestinese. In quella striscia di terra, sede di guerra permanente, l'esercito di Israele ha condotto tra la fine del 2008 e il Gennaio del 2009 intense e devastanti operazioni militari. Poichè qui ci occupiamo prevalentememnte di temi ambientali, consiglio la lettura del dettagliato rapporto fatto nel Settembre 2009 dall' Agenzia delle Nazioni Unite, United Nations Environment Programme sulle condizioni ambientali nella striscia di Gaza. Un vero disastro.