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Alcune recenti indicazioni di leggera crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) in Francia e Germania sono state subito interpretate da diversi economisti e commentatori come il segnale che la recessione sarebbe finita o che almeno il peggio è passato. A me sembra che questi signori siano destinati a non capire niente e nemmeno la storia recente può insegnare loro qualcosa. Anche le pietre dovrebbero aver capito che tutte le cause della recente crisi economico-finanziaria sono ancora lì, intatte come prima e che il PIL è, da tempo, un assai logoro indicatore di sviluppo.
Torno sul caso indiano perchè mi sembra in queste settimane molto eloquente. Tutte le previsioni danno, per il 2009, un crollo della crescita del PIL indiano: le stime vanno dal 3.4% al 5%. Ciò significa che, se nel 2007, il tasso di crescita era del 9.2% quest'anno la crescita sarebbe molto minore. Ma quand'anche la crescita fosse solo del 3.4%, essa sarebbe almeno 10 volte maggiore di quella prevista per le maggiori economie europee. Purtroppo però questa crescita interessa solo le tasche delle classi urbane medio-alte le quali hanno già raggiunto livelli di consumo occidentali mentre alcune centinaia di milioni di persone continuano a vivere o morire nei villaggi e negli slums delle megalopoli con qualche Rupia al giorno.
Le piogge monsoniche sono state scarse quest'anno e gli effetti sull'economia agricola tradizionale sono ora drammatici tanto è vero che il Ministro delle Finanze ha già annunciato che generi di largo consumo come lenticchie e cereali dovranno essere importati pur senza dare molti dettagli per non favorire la speculazione internazionale sui prezzi. E' un bel colpo per una Nazione che ha sempre mirato all'autosufficienza e che è tra i più grandi produttori del mondo di generi alimentari. Intanto i prezzi delle colture invernali (Rabi crops) che si raccolgono a primavera, ad esempio grano ed orzo, erano già aumentati ed ora si annuncia un disastro produttivo per le colture estive (Kharif crops) come il riso, soya, cotone, mais, ragi, sesamo e senape. Tutti questi eventi non bloccheranno, almeno non subito, la crescita del PIL ma sicuramente si faranno sentire nelle tasche e negli stomaci di 6-700 milioni di persone nonostante gli interventi del governo. Inoltre, in tempi di siccità, i contadini sono portati a pompare ancor più l'acqua delle falde già esauste con effetti perversi per gli anni a venire.
Dunque il PIL di un Paese può temporaneamente crescere anche se nel frattempo vengono erose le risorse ambientali e una buona parte della popolazione vede peggiorare le proprie condizioni di vita. Ma l'erosione delle risorse ambientali prima o poi finisce col mangiarsi una bella parte del PIL stesso, quindi la Crescita rischia di essere la classica vittoria di Pirro. Perlomeno andrebbero selezionati i settori produttivi che veramente contano per uno Sviluppo equilibrato e duraturo.
Fintantochè non si affrontano radicalmente le deficienze del sistema produttivo agricolo che è tra le cause della crisi ambientale, fintantochè non si ferma la pressione demografica assieme al livello dei consumi e degli sprechi nelle aree urbane, gli incrementi del PIL continueranno a raccontare solo una parte delle vicende economiche e sociali e finiranno con l'avere solo effetti illusori. La situazione indiana è diversa da quella europea ma le logiche sono le stesse.
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