Si è riaperto in Italia il dibattito sull’opportunità di costruire reattori nucleari al fine di produrre energia elettrica e, al momento, sembra diffondersi nell’opinione pubblica l’idea che la scelta nucleare sia inevitabile. Naturalmente la tendenza a schierarsi “pro o contro il nucleare” non deriva generalmente da una conoscenza/valutazione dei dati oggettivi della questione energetica bensì ci si schiera sulla base delle posizioni assunte dalla parte politica a cui si fa riferimento. L’importante è schierarsi anche se non si sa bene il perché. Secondo la consueta pratica italiana. Conviene pertanto considerare alcuni elementi fondamentali e vincolanti della questione nucleare.
Secondo i dati pubblicati dalla World Nuclear Association, aggiornati a Marzo 2008, esistono nel mondo 439 reattori nucleari (per una potenza complessiva di 372 GigaWatt) che producono il 16% dell’energia elettrica totale consumata dagli umani. La costruzione della maggior parte dei reattori è iniziata tra il 1965 e il 1975 e, nel 1985, si è raggiunto il massimo di nuova potenza nucleare connessa alla rete elettrica. Dunque, il tempo medio per la costruzione di un reattore è stato finora di circa 10 anni. Dopo del 1985 la potenza complessiva dei nuovi reattori entrati in esercizio è diminuita in modo significativo e così tutte le previsioni di forte crescita del settore nucleare fatte (a partire dal 1975) da International Atomic Energy Agency e Nuclear Energy Agency sono state poi smentite e corrette al ribasso. Attualmente ci sono 35 reattori in costruzione (e per alcuni, i cantieri sono già aperti da diversi anni) che forniranno una potenza complessiva di circa 29 GW ma, al contempo, va osservato che circa il 70% dei reattori esistenti sta invecchiando e dovrà essere mandato a riposo (decommissionato) entro i prossimi 25 anni. Le nuove costruzioni e quelle programmate potranno al più sostituire la potenza nucleare attualmente in esercizio ma, ad esser realisti, non è prevedibile un boom di nuovi reattori nei prossimi anni e dunque la percentuale di energia elettrica di origine nucleare rimarrà dapprima stazionaria e tenderà in futuro a calare.
I complicati iter burocratici e decisionali, gli ingenti costi di costruzione dei reattori, la necessità di garantire profili di sicurezza sempre più elevati in un mondo sempre più insicuro, la questione non risolta del trattamento delle scorie radioattive, sono tutti fattori che non incoraggiano gli investimenti nella tecnologia nucleare ai fini della produzione di elettricità. Vi è però un aspetto almeno tanto rilevante quanto quelli citati eppur tuttavia spesso non considerato a dovere: si tratta della disponibilità delle risorse di Uranio, l’elemento combustibile dei reattori attualmente in funzione. Ad oggi undici nazioni, tra le quali Germania, Francia e Repubblica Ceca, hanno esaurito le loro riserve e 2.3 milioni di tonnellate (ton) di uranio sono già state consumate. La domanda mondiale di uranio è di circa 67 mila ton per anno mentre la produzione si attesta sulle 42 mila ton. Così 25 mila ton sono prelevate ogni anno dalle scorte secondarie accumulatesi prima del 1980, nei tempi in cui la produzione di uranio era stimolata dalla domanda militare. Per quanto l’entità precisa di queste scorte secondarie non sia nota, si stima con le dovute cautele che esse si esauriranno in una decina d’anni. Allora già si pone il problema di un incremento della attuale produzione sì da coprire l’imminente prossimo buco lasciato dalle scorte secondarie. Ma quanto uranio rimane in natura? In linea di principio potrebbe esservene tanto ma la disponibilità concreta è legata al suo grado di concentrazione nella roccia da cui lo si estrae, ergo al suo costo di estrazione. Attualmente, le Risorse Ragionevolmente Sicure ad un costo inferiore ai 40US$/Kg sono di 1.9 milioni ton mentre vi sono altre 640 mila ton ad un costo tra i 40 e gli 80US$/Kg . Oltre queste quantità si entra nel regno del condizionale e dell’ipotetico. Dunque, all’attuale tasso di consumo l’uranio effettivamente disponibile durerebbe circa 38 anni. Se si dovesse aumentare il numero di reattori in esercizio senza un’effettiva garanzia sui rifornimenti di combustibile si butterebbero soldi al vento. Si rischierebbe di ultimare i lavori di costruzione dei reattori e di lasciar poi i medesimi spenti e inutilizzati. Naturalmente questi aspetti sono noti agli operatori del settore. Ma il costruire le centrali nucleari è, per alcuni, un business in sé. A prescindere dalla loro reale utilità economica e ambientale.
Solo il Canada dispone oggi di miniere nelle quali la concentrazione di ossidi di uranio è almeno dell’ 1% e la produzione nazionale di uranio copre il 30% del totale mondiale. L’Australia ha le riserve minerarie certamente più vaste ma di qualità peggiore del Canada in quanto in esse il grado di concentrazione è attorno a 0.1%. Al diminuire della concentrazione aumenta la massa di roccia da lavorare per estrarre una data quantità di uranio. Di conseguenza l’input energetico cresce rapidamente al diminuire del grado di concentrazione. Si stima che, al di sotto di una concentrazione dello 0.01%, il bilancio energetico diventi negativo in quanto l’input d’energia necessario all’intero e complesso processo produttivo è troppo alto. In sintesi, di uranio ce ne sarebbe ma estrarlo non converrebbe. Va inoltre ricordato che l’attività mineraria ha un alto impatto ambientale e, se si dovessero considerare (come sarebbe giusto fare in una corretta analisi del ciclo di vita) i costi ambientali indotti dall’intero processo estrattivo, i reali costi finali sarebbero ben maggiori di quelli sopra citati. Nell’intero ciclo di preparazione dell’uranio, il processo dell’ arricchimento è particolarmente energivoro: esso consiste nell’aumentare artificialmente la percentuale relativa del tipo di uranio più radioattivo rispetto alla percentuale che è data in natura. In molti impianti di arricchimento l’energia necessaria è prodotta bruciando carbone e dunque il contributo all’emissione di gas serra è non trascurabile. In generale, la stessa attività di costruzione degli impianti, dei reattori e il loro decommissionamento finale richiede grandi quantità di cemento la cui produzione è notoriamente inquinante e produttrice di diossido di carbonio. Le quantità di diossido di carbonio prodotte dall’intero ciclo associato al reattore nucleare aumentano al diminuire della percentuale di ossidi di uranio nella roccia. Per concentrazioni inferiori a 0.01%, le emissioni di CO_2 dovute ad una centrale nucleare diventano addirittura maggiori di quelle emesse da una centrale a metano a parità di energia prodotta. L’affermazione, spesso ripetuta, che l’energia nucleare è amica del clima è dunque oggettivamente falsa anche se, a tutt’oggi, un reattore nucleare inquina certo meno di una centrale a carbone.
Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un costante aumento del prezzo del petrolio e molti commentatori hanno sostenuto che, di fronte al progressivo esaurirsi delle risorse petrolifere, il ricorso all’energia nucleare è inevitabile. Il caso della Francia è, a questo proposito, illuminante in quanto essa produce il 78% dell’energia elettrica da fonte nucleare. Bene, la Francia è al contempo al dodicesimo posto nel mondo per consumo di petrolio e al sesto posto nel mondo per importazioni di petrolio. La Francia consuma e importa più petrolio dell’Italia che non produce un singolo chilowattora da nucleare. Nonostante tutta la sua energia nucleare, la Francia consuma ogni giorno una quantità di petrolio equivalente all’intera produzione irachena. La credenza che il nucleare permette di liberarsi dal petrolio è dunque oggettivamente falsa ed il motivo è ovvio: chiunque abbia frequentato una buona scuola dell’obbligo sa che l’elettricità è solo una delle forme di energia possibili. Dalla fonte nucleare si produce energia elettrica ma il sistema dei trasporti è quasi interamente dipendente dalla fonte petrolifera. Uranio e petrolio servono comparti distinti e così sarà almeno fino al giorno in cui l’intero sistema dei trasporti, auto incluse, non sarà elettrificato. Ma se quel giorno verrà, non appena saranno disponibili auto elettriche con batterie a prezzi ragionevoli e dotate di sufficiente autonomia allora sarà (almeno per me) naturale caricare la batteria con l’energia solare autoprodotta in giardino senza bisogno di ricorrere a mega impianti nucleari dislocati a centinaia di chilometri di distanza ed alimentati con uranio dal ciclo produttivo ambientalmente ed economicamente insostenibile.
Veniamo così ad uno degli aspetti chiave della questione energetica. Se i reattori nucleari servono a produrre elettricità converrà dare uno sguardo alla composizione dei reali consumi elettrici odierni. In Europa, il settore residenziale e i servizi assorbono circa il 54% dell’elettricità totale mentre all’industria va una quota del 42% . Case e uffici incidono dunque non poco sul consumo elettrico complessivo. Focalizzando sui consumi residenziali si nota che le voci più energivore sono nell’ordine: sistemi di riscaldamento elettrici, sistemi di refrigerazione/climatizzazione, illuminazione e boiler elettrici. Insieme fanno il 58% dei consumi elettrici residenziali. Analogo è il trend per gli uffici. Qui il risparmio energetico e l’introduzione di input intelligenti nelle tecniche di costruzione possono abbattere drasticamente i consumi termo-elettrici mentre la parte di fabbisogno residuale può essere in gran parte coperta dalle tecnologie solari. In particolare, il solare termico è una tecnologia semplice, consolidata ed economica che permette in gran parte d’Italia e d’Europa di scaldare l’acqua per buona parte dell’anno a fini sanitari e di riscaldamento. Quando il sole non splende è facile integrare il fabbisogno mediante qualche pezzo di legna proveniente dalla manutenzione dei boschi. Eppure ancora il 9% del consumo elettrico residenziale viene mangiato dagli scaldabagno mentre il 22% se ne va per scaldare le stanze. Già tagliando solo queste due voci di consumo assurde si risparmierebbe una quantità di energia elettrica quasi pari a quella che l’Italia importa dalla Francia e che là è prodotta tramite i reattori nucleari. E la lista dei possibili risparmi potrebbe continuare a lungo. Vien fatto di chiedersi se sia veramente il caso di andare a scavare nelle miniere di Australia e Niger, estrarre l’uranio, triturarlo, gassificarlo, centrifugarlo, trasportarlo fino ad un reattore, innescare processi nucleari altamente energetici al fine di produrre elettricità, la quale a sua volta deve essere trasportata a lunga distanza ed infine, in case ed uffici, degradata in energia termica. Il tutto per farsi una doccia a 40 gradi centigradi o per scaldare una stanza a 18 gradi. Ad ogni passaggio di stato energetico corrisponde un processo dissipativo, dunque l’efficienza dell’intero processo produttivo crolla. Osservando le tipologie di consumo umane non si può non rilevare l’assurdo termodinamico. Il buon senso insegna che l’energia solare ha già un volto termico dunque per lavarsi e scaldarsi è, a queste latitudini, sufficiente quella per quasi tutto l’anno.
Razionalizzare i consumi non significa dover tirare la cinghia bensì aumentare la qualità della vita. Mangiar troppo e sprecare metà delle porzioni non significa mangiar bene, significa semplicemente appesantire il fisico e danneggiare l’ambiente.
In conclusione, tutti gli argomenti generalmente addotti in favore dell’uso dell’energia nucleare al fine della produzione elettrica sono stati smontati. I reattori nucleari non aumenteranno a livello mondiale la loro capacità produttiva globale per motivi intrinseci legati alla reperibilità dell’uranio e per gli alti costi dell’intero ciclo produttivo. In esso vanno inclusi ovviamente anche il processo di decommissionamento e lo stoccaggio delle scorie radioattive. La tecnologia nucleare nota ad oggi è semplicemente non conveniente per sopperire al fabbisogno di energia elettrica. Per questo motivo le previsioni di sviluppo avanzate negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso sono regolarmente fallite. E’ anche bene chiarire che i famosi Reattori di Quarta Generazione (spesso citati con troppa euforia) non saranno comunque pronti prima del 2030 secondo le stesse dichiarazioni contenute nella Technology Roadmap delle 10 nazioni facenti parte del Generation IV International Forum. Quindi è possibile che si slitti verso il 2050.
Il reattore nucleare, di qualsivoglia generazione, è in realtà figlio di un’idea destinata a morire. L’idea fondamentale su cui si basa la tecnologia nucleare è quella della separazione tra luogo della produzione e luogo del consumo energetico. La mega-centrale (sia nucleare che a combustibili fossili) è necessariamente dislocata lontano dall’utente. Su questa idea è nata cent’anni fa e si è poi strutturata quella costruzione straordinaria che è la rete elettrica. Oggi però le tecnologie solari, per quanto ancora incentivate, già permettono di ricomporre la frattura tra produttore e consumatore d’energia e inducono dunque a ripensare l’intera struttura della rete. Senza alcun dubbio le società del futuro vivranno grazie all’energia solare che è inesauribile, non monopolizzabile ed utilizzabile in modo diffuso. Si tratta di capire quanto sarà lungo e problematico il processo di transizione all’economia solare. In questa direzione sensata sarebbe bene, fin da ora, impiegare i quattrini disponibili.
16 comments:
Ottima analisi, condivisibile in pieno!
Fabio Polonara, Univpm
f.polonara@univpm.it
Non possiedo conoscenze sull'argomento tali da potermi permettere di giudicare quanto ha scritto. Ad ogni modo complimenti per la lucidità dell'intervento e per la sua efficacia sotto l'aspetto della comunicazione. E' di una chiarezza esemplare. Credo davvero che con una razionalizzazione organizzativa, in Italia si potrebbe gestire meglio tutto il problema energetico e che sicuramente la via solare sia da perseguire senza controindicazioni. Come per esempio quelle che emergono dall'eolico, che credo sia molto poco efficace da un punto di vista produttivo e devastante da quello dell'impatto ambientale.
Se ciascuna famiglia mettesse ordine ai propri consumi e si dotasse di un pannello solare, avremmo bisogno di meno energia "centrale". E l'economia mondiale invece di perdere quota, ne guadagnerebbe, a cominciare dalle multinazionali dell'energia che potrebbero convertire la loro produzione in tal senso. Anche i pannelli solari sono un bel business.
Se ho sostenuto qualcosa di sbagliato, ci terrei ad essere corretto da chi ne sa più di me.
Andrea Guolo
Ottimo articolo ben documentato. A mio parere, se dobbiamo liberarci da preclusioni ideologiche, sia pro che contro il nucleare (ma anche, laicamente, su ogni aspetto sociale e politico) dobbiamo essere, in primo luogo, bene informati.
Grazie mille.
Luca Pazzi (ex membro della lobby nucleare, poi pentito, oggi indeciso).
tesi condivisibile, bell'articolo. sarebbe stato meglio citare le fonti delle varie statistiche prodotte.
Una domanda, ma se la IV generazione di reattori è prevista per il 2030 (ad essere ottimisti) e siamo nel 2008 abbiamo da aspettare 22 anni. Detto questo se abbiamo Uranio, ai consumi attuali, per 38 anni ha senso investire energia e menti eccelse per una cosa che è destinata ad esaurirsi in 15 anni?
Grazie della spiegazione eccellente.
Roberto
ottime tesi. potrebbe però citare le fonti, che in ogni lavoro giornalistico sono quelle che garantiscono la fondatezza dell'informazione. grazie
1) I dati citati relativi ai reattori e all'uranio sono pubblicati dalle stesse agenzie nucleari mondiali
(i.e.
http://www.world-nuclear.org/ )
2) Riguardo all'analisi del ciclo di vita e dei bilanci energetici del nucleare rimando all' URL http://www.stormsmith.nl/ e ai riferimenti lì contenuti
3) I dati sul petrolio sono pubblicati da diverse agenzie, ne cito due, una di area USA e una di area OECD (OCSE):
http://www.eia.doe.gov/
http://www.iea.org/
4) I consumi elettrici europei sono
pubblicati dagli istituti della commissione europea:
http://re.jrc.ec.europa.eu/energyefficiency/
5) La questione "energia eolica" sollevata da Andrea Guolo è certamente controversa e complessa. In sintesi, qui posso soltanto dire che l'opportunità di installare aerogeneratori
va valutata Paese per Paese e sito per sito. Possibilmente in modo obiettivo.
6) Alla domanda di Roberto posso rispondere esprimendo una sensazione. E cioè, che la ricerca andrà avanti comunque ma molto difficilmente ci saranno effetti produttivi nei prossimi decenni.
In generale, il nesso tra Ricerca e sue Finalità è molto importante ed anche molto delicato. Chi fa Ricerca è spesso motivato da un piacere intrinseco a prescindere dalle Finalità della medesima.
Grazie Marco, e complimenti.
Aspetto sempre i tuoi post, li leggo col grande piacere di chi sente di imparare e conoscere, e sono felice di averti conosciuto (seppure per ora solo indirettamente)
Ciao a presto
Marco Marangio (Vittoria)
marcoparco@email.it
ho letto sul giornale di ieri che Carlo Rubbia prevede per il futuro l'utilizzo del torio al posto dell'uranio. Il torio, secondo lo scienziato, è abbondante come il piombo. Inoltre - osserva - per un gigawatt del nucleare attuale ci vogliono 200 tonnellate di uranio, con il torio, per la stessa energia, serve una tonnellata. Ed ancora, ha sottolineato Rubbia «la bomba al torio non si può costruire».
Il motivo vero per la costruzione di centrali nucleari è la possibilità di avere ingenti MAZZETTE dai committenti (Impregilo?).
Appalti pubblici ove politici, mafiosi e affaristi ci sguazzano.
Hanno sempre fatto così, perchè dovrebbero cambiare?
Ci sono dei vantaggi nell'uso di reattori basati sul ciclo del torio: a) è un elemento relativamente abbondante, b) il torio, assorbendo neutroni lenti, produce Uranio-233 che è fissile ed ha un'alta resa di neutroni per neutrone assorbito. L'interesse per i reattori al torio è di lunga data ed in particolare l'India, dopo aver avviato da anni reattori sperimentali, ha dei programmi consistenti in questo settore. Allo stadio attuale però si tratta per l'appunto di programmi per il futuro.
Aggiungo alcune parole di cautela: succede spesso in Italia che qualche titolo di giornale o qualche intervista clamorosa inducano ai facili ottimismi. Spesso l'intervistato deve dire qualcosa di interessante per il giornalista altrimenti costui non ha una "vera notizia" da pubblicare, dunque da vendere. Io credo che la vera informazione non passi oggi (se non di rado) sulla grande stampa italiana. Per sapere come stanno le cose bisogna studiare molte ore al giorno per molti anni. Ciò permette tra l'altro di acquisire una capacità di filtrare le informazioni disponibili in rete.
Inviterei le persone che vogliono commentare su questo blog a rendersi riconoscibili (come già hanno fatto in tanti). E' una semplice questione di trasparenza. Credo sia giusto sapere chi ha scritto che cosa. Purtroppo si è diffusa la pessima abitudine di intervenire in rete senza firmarsi.
Grazie
MZ
Rispondo in sintesi all'ultimo commento. In genere non accetto commenti non firmati e comunque non riconoscibili. Ho già detto che detesto l'abitudine, molto diffusa in Italia, all'anonimato. E' chiaro che in rete anche un anonimo si sente un leone. Il commento però propone alcune URL (che ovviamente conoscevo) e candida i contenuti di esse ad argomenti "verità" in favore della scelta nucleare. Dunque osservo che: 1) la questione "reattori autofertilizzanti" è vecchia come il cucco, è già stata dibattuta e il famoso Super-Phènix si è rivelato un super fallimento. 2) la "spiegazione per filo e per segno" dei costi del nucleare non è una pubblicazione scientifica ma una nota tecnica infarcita di formulette empiriche che non mi impressionano. I parametri di input vengono manipolati a piacere in base al risultato che si vuole ottenere. Gran parte dei dati riportati sono falsi così come lo sono le conclusioni, smentibili sulla base degli stessi dati forniti dalle associazioni nucleari mondiali (e da me già citati). Il costo del KWh da nucleare è di almeno 4 volte più alto di quanto affermato nella nota "tecnica" che è in realtà una nota "ideologica". Eppoi: dove sono contemplati, tanto per dirne una sola, i costi ambientali relativi all'usuale inquinamento delle falde acquifere provocato dall'acido solforico utilizzato in fase di "leaching"?
3) Le centrali nucleari non le vuole più nessuno perchè creano più problemi che vantaggi: questa è la verità elementare. E' poi vero che, qui e lì nel mondo, ci sono aziende del settore ben ammanicate che riescono a convincere qualche governo a sganciare quattrini per costruire centrali...ma questo è un altro discorso. 4) Alla terza URL proposta, si argomenta che "più sviluppo" significa "più bisogno di energia elettrica". Il resto deriva da questo assunto. Che è falso. A parte il fatto che molti dati forniti sono anche qui sbagliati, in realtà è vero il contrario: dato per scontato che vi sia una soglia minima di consumo, un Paese veramente sviluppato tende a ridurre l'intensità energetica della propria produzione. Chi ha più cervello produce meglio consumando di meno. Non di più! Sia nel macro che nel micro. E' molto diffuso l'errore di confondere "sviluppo" con "crescita". Inoltre, invito a ristudiare il mio post onde capire come e dove si può/deve risparmiare. 5) Il commento di mich propone un post in cui si fa riferimento ad "esperti di livello e fama mondiali" ! E chi sarebbero costoro? Devo dire che non ho potuto non farmi due belle risate...agli italiani peraltro si può far credere proprio di tutto! Basta passare per Fatima o Medjugorje per rendersene conto: ivi l'idioma più diffuso è proprio l'italiano...si troveranno decine di migliaia di persone sinceramente convinte di aver visto la Madonna! In questa fase storica il popolo italiano esprime tassi di ignoranza tra i più elevati in Europa e nel Mondo. Altro che genio italico...
ragazzi qualcuno mi sa rispondere a queste domande?
-quanto tempo occorre per rendere attiva una centrale nucleare?
-quanta energia produce?
-quanto costa metterla in funzione e quanto costerà farla funzionare?
-quanto costa una centrale che utilizza fonti rinnovabili?
-quanta energia si potrà produrre?
-quanto tempo occorre per metterla in funzione?
-quanto costa investire nel risparmio energetico?
da persona poco competente sull'argomento mi sono posto tali domande perchè vorrei capire come mai all'estero stanno abbandonando il nucleare per investire sulle rinnovabili mentre il governo che ci ritroviamo vuole puntare proprio sull'uranio...
In questa intervista persino Paolo Scaroni, ad dell'Eni, afferma che "solo per soddisfare l’incremento futuro della domanda di enrgia elettrica, avremmo bisogno di costruire 70 centrali nucleari da qui al 2020". Scaroni definisce ciò “un’impresa disperata”.
Ma basterebbero molti meno soldi per riampire i pali della luce di ventole per produrre energia eolica o per convincere il 50% dei nostri ragazzi a spegnere la luce quando escono da una stanza.
Marco,
tu scrivi che la Francia importa più petrolio dell'Italia, nonostante il massiccio uso dell'energia nucleare, con la quale produce il 78% della sua energia elettrica... mentre con il petrolio non produce in alcun modo energia elettrica.
Per paragonare questi dati con la situazione italiana, sarebbe utile sapere quanta energia elettrica produce la Francia e quanta di questa viene esportata. Puoi darmi qualche riferimento?
Inoltre ne approfitto ancora chiedendoti quale sia il costo medio di produzione del kwh francese contro quello italiano.
Come è possibile che l'Italia trovi più economico importare energia elettrica dalla Francia e mantenere i propri impianti sotto-utilizzati? Mi riferisco in particolare alla Lombardia che pur avendo impianti sufficienti per produrre ben più del suo fabbisogno, in realtà importa il 30% del suo fabbisogno in quanto più conveniente che produrre il tutto da sè.
Scusate tutti se non pubblico la sorgente di quanto ho scritto, ma l'ho semplicemente sentito in un servizio in radio...
Grazie a Marco per i tuoi post che trovo molto interessanti
Ciao Michele,
ho i dati precisi aggiornati al 2009 ma non credo siano variati di molto nel frattempo:
la Francia ha una capacità elettrica installata di 116 GW con una generazione netta di 536 TWh. Il consumo netto è di 447 TWh. Si capisce dunque come la Francia sia in grado (deva) esportare una quota di energia anche a prezzo basso facendo dunque contenti i Paesi vicini. Questo spiega come mai l'Italia (Lombardia) trovi conveniente importare una quota di energia che comunque i reattori nucleari producono.
Nota anche che il consumo netto interno francese è molto più alto di quello italiano (già di per sè eccessivo) nonostante la popolazione sia praticamente uguale.
Non so risponderti sul vero costo medio di produzione francese (nè saprei quanto è in verità quello italiano): su queste cose la trasparenza non è virtù diffusa.
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