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Finalmente, dopo 8 anni di disastrosa politica repubblicana, gli USA hanno voltato pagina e non c’è dubbio che la profonda crisi economico-finanziaria degli ultimi mesi abbia giocato un ruolo chiave nella vittoria del candidato democratico. Succede però spesso nella storia che, in fasi di recessione economica, i popoli chiamati a votare si consegnino impauriti a candidati conservatori o reazionari. Chi sta male, ha paura e non vede prospettive tende a incattivirsi ed a rinchiudersi, spesso si aggrappa a soluzioni autoritarie.
Dagli USA, dai cittadini americani indebitati e impoveritisi, viene invece un grande messaggio di cambiamento. E, ad interpretarlo, troviamo un senatore afro-americano e bello di 47 anni, nato ad Honolulu da madre del Kansas e padre del Kenya, che da bambino è andato a scuola in Indonesia eppoi, tornato negli USA, ha studiato alle Hawaii e a Los Angeles per laurearsi nel 1983 a New York in scienze politiche. Barack Obama è un individuo colto, dinamico e cosmopolita che ben conosce, in virtù delle sue esperienze professionali fatte a Chicago, anche i problemi della parte più povera della popolazione USA.
C’è nella sua elezione la conferma di un fatto fondamentale, di una caratteristica che mette gli USA agli antipodi rispetto all’Italia. Mentre in Italia conta il partito che coopta i servi e gli ignoranti, negli USA conta l’individuo. Se vale egli/ella può affermarsi e, in pochi anni, passare dal quasi anonimato alla Presidenza della nazione. Solo nel 2004 Obama fu eletto senatore dell’Illinois, prima non lo conosceva quasi nessuno. Naturalmente la sua perfetta campagna elettorale ha avuto il sostegno del Partito Democratico unitosi attorno a lui. Soprattutto però Obama, dopo aver rinunciato ai fondi federali per la campagna elettorale (che impongono limiti di spesa), si è lanciato in una vincente campagna di raccolta di soldi in rete, un grande Internet Fund Raising in cui l’ha aiutato il fondatore di Facebook. Le donazioni gli hanno fruttato circa 650 milioni di dollari, più di quello che entrambi i candidati presidenziali del 2004 avevano messo insieme e molto più di quello che aveva a disposizione il suo avversario Mc Cain. Se la sua capacità di metter insieme tanti soldi è stato un elemento decisivo di queste elezioni, è poi vero che Obama ha saputo interpretare un desiderio di riscatto e di cambiamento che veniva da tanti settori della società statunitense, dai nuovi immigrati ispanici ai neri di tante periferie urbane, dalle comunità di origine asiatica agli ampi strati colti e liberali che oramai non sopportavano più le manifestazioni di spocchiosa ignoranza del nefasto Presidente uscente e del suo entourage. Dagli USA che hanno votato in massa viene una bella prova di vitalità democratica. Un esempio di come, negli USA a differenza che in Italia, essere giovani sia un segnale di forza e non una sorta di handicap.
Soprattutto i giovanissimi, the first time voters, hanno votato in grandissima maggioranza per Obama mentre McCain ha avuto più voti solo tra gli oltre 65enni.
Certo, la forza elettorale del Partito Repubblicano rimane notevole con oltre il 46% dei voti popolari ma i Democratici conquistano 9 Stati vincendo soprattutto nelle città, nelle contee delle maggiori aree urbane. E così in Nevada, Obama vince solo nelle contee di LasVegas e Reno ma gli basta per conquistare i 5 voti elettorali di quello Stato. In Florida, vince a Miami, Palm Beach, Orlando e prende i 27 voti. In Ohio vince nelle contee delle 6 principali città e prende i 20 voti. E così via. Perfino in Texas, roccaforte repubblicana e dunque Stato perso in partenza, Obama vince nelle contee di Houston, Austin, Dallas e San Antonio. E’ tutta la società USA più dinamica e multiculturale che premia il messaggio insieme tranquillizzante e innovatore del senatore democratico ed istruito. E negli Stati Uniti, l’istruzione e la cultura sono comunque valori importanti.
Se è vero che i temi economici sono stati centrali in queste elezioni, ora vedremo quali risposte e quali concrete terapie verranno poste in atto per curare una società indebitata, che vive generalmente al di sopra delle proprie possibilità e che, al contempo, ha 40 milioni di poveri.
Questa questione si interseca con quella delle grandi scelte di politica energetica ed ambientale che gli USA faranno nei prossimi 4 anni. Scelte che riguardano tutti nel mondo.
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