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Prima di tornare sul tema dell'efficienza energetica vorrei dare alcuni esempi positivi di studenti universitari che, a vario titolo, si sono distinti nei loro Colleges per iniziative di carattere ambientale. Inefficienze, sprechi e crimini ambientali possono certo essere disincentivati con leggi e tassazioni ma si combattono veramente solo con comportamenti individuali virtuosi capaci di contagiare altri umani. Ecco gli esempi proposti da TreeHugger.
Questo blog nasce con l'intento di dare un contributo alla diffusione di una cultura ambientalista sia teorico-scientifica che operativa. E libera da intrallazzi. Strada facendo qualche divagazione si fa necessaria. ******* Motivation which inspires this blog is helping to spread an environmental culture with both scientific and practical sound basis. Above all, a Frauds Free culture. Some contributions on other issues are published according to latest news and needs.
Tuesday, August 25, 2009
Sunday, August 23, 2009
L' Illusione della Crescita Economica
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Alcune recenti indicazioni di leggera crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) in Francia e Germania sono state subito interpretate da diversi economisti e commentatori come il segnale che la recessione sarebbe finita o che almeno il peggio è passato. A me sembra che questi signori siano destinati a non capire niente e nemmeno la storia recente può insegnare loro qualcosa. Anche le pietre dovrebbero aver capito che tutte le cause della recente crisi economico-finanziaria sono ancora lì, intatte come prima e che il PIL è, da tempo, un assai logoro indicatore di sviluppo.
Torno sul caso indiano perchè mi sembra in queste settimane molto eloquente. Tutte le previsioni danno, per il 2009, un crollo della crescita del PIL indiano: le stime vanno dal 3.4% al 5%. Ciò significa che, se nel 2007, il tasso di crescita era del 9.2% quest'anno la crescita sarebbe molto minore. Ma quand'anche la crescita fosse solo del 3.4%, essa sarebbe almeno 10 volte maggiore di quella prevista per le maggiori economie europee. Purtroppo però questa crescita interessa solo le tasche delle classi urbane medio-alte le quali hanno già raggiunto livelli di consumo occidentali mentre alcune centinaia di milioni di persone continuano a vivere o morire nei villaggi e negli slums delle megalopoli con qualche Rupia al giorno.
Le piogge monsoniche sono state scarse quest'anno e gli effetti sull'economia agricola tradizionale sono ora drammatici tanto è vero che il Ministro delle Finanze ha già annunciato che generi di largo consumo come lenticchie e cereali dovranno essere importati pur senza dare molti dettagli per non favorire la speculazione internazionale sui prezzi. E' un bel colpo per una Nazione che ha sempre mirato all'autosufficienza e che è tra i più grandi produttori del mondo di generi alimentari. Intanto i prezzi delle colture invernali (Rabi crops) che si raccolgono a primavera, ad esempio grano ed orzo, erano già aumentati ed ora si annuncia un disastro produttivo per le colture estive (Kharif crops) come il riso, soya, cotone, mais, ragi, sesamo e senape. Tutti questi eventi non bloccheranno, almeno non subito, la crescita del PIL ma sicuramente si faranno sentire nelle tasche e negli stomaci di 6-700 milioni di persone nonostante gli interventi del governo. Inoltre, in tempi di siccità, i contadini sono portati a pompare ancor più l'acqua delle falde già esauste con effetti perversi per gli anni a venire.
Dunque il PIL di un Paese può temporaneamente crescere anche se nel frattempo vengono erose le risorse ambientali e una buona parte della popolazione vede peggiorare le proprie condizioni di vita. Ma l'erosione delle risorse ambientali prima o poi finisce col mangiarsi una bella parte del PIL stesso, quindi la Crescita rischia di essere la classica vittoria di Pirro. Perlomeno andrebbero selezionati i settori produttivi che veramente contano per uno Sviluppo equilibrato e duraturo.
Fintantochè non si affrontano radicalmente le deficienze del sistema produttivo agricolo che è tra le cause della crisi ambientale, fintantochè non si ferma la pressione demografica assieme al livello dei consumi e degli sprechi nelle aree urbane, gli incrementi del PIL continueranno a raccontare solo una parte delle vicende economiche e sociali e finiranno con l'avere solo effetti illusori. La situazione indiana è diversa da quella europea ma le logiche sono le stesse.
Alcune recenti indicazioni di leggera crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) in Francia e Germania sono state subito interpretate da diversi economisti e commentatori come il segnale che la recessione sarebbe finita o che almeno il peggio è passato. A me sembra che questi signori siano destinati a non capire niente e nemmeno la storia recente può insegnare loro qualcosa. Anche le pietre dovrebbero aver capito che tutte le cause della recente crisi economico-finanziaria sono ancora lì, intatte come prima e che il PIL è, da tempo, un assai logoro indicatore di sviluppo.
Torno sul caso indiano perchè mi sembra in queste settimane molto eloquente. Tutte le previsioni danno, per il 2009, un crollo della crescita del PIL indiano: le stime vanno dal 3.4% al 5%. Ciò significa che, se nel 2007, il tasso di crescita era del 9.2% quest'anno la crescita sarebbe molto minore. Ma quand'anche la crescita fosse solo del 3.4%, essa sarebbe almeno 10 volte maggiore di quella prevista per le maggiori economie europee. Purtroppo però questa crescita interessa solo le tasche delle classi urbane medio-alte le quali hanno già raggiunto livelli di consumo occidentali mentre alcune centinaia di milioni di persone continuano a vivere o morire nei villaggi e negli slums delle megalopoli con qualche Rupia al giorno.
Le piogge monsoniche sono state scarse quest'anno e gli effetti sull'economia agricola tradizionale sono ora drammatici tanto è vero che il Ministro delle Finanze ha già annunciato che generi di largo consumo come lenticchie e cereali dovranno essere importati pur senza dare molti dettagli per non favorire la speculazione internazionale sui prezzi. E' un bel colpo per una Nazione che ha sempre mirato all'autosufficienza e che è tra i più grandi produttori del mondo di generi alimentari. Intanto i prezzi delle colture invernali (Rabi crops) che si raccolgono a primavera, ad esempio grano ed orzo, erano già aumentati ed ora si annuncia un disastro produttivo per le colture estive (Kharif crops) come il riso, soya, cotone, mais, ragi, sesamo e senape. Tutti questi eventi non bloccheranno, almeno non subito, la crescita del PIL ma sicuramente si faranno sentire nelle tasche e negli stomaci di 6-700 milioni di persone nonostante gli interventi del governo. Inoltre, in tempi di siccità, i contadini sono portati a pompare ancor più l'acqua delle falde già esauste con effetti perversi per gli anni a venire.
Dunque il PIL di un Paese può temporaneamente crescere anche se nel frattempo vengono erose le risorse ambientali e una buona parte della popolazione vede peggiorare le proprie condizioni di vita. Ma l'erosione delle risorse ambientali prima o poi finisce col mangiarsi una bella parte del PIL stesso, quindi la Crescita rischia di essere la classica vittoria di Pirro. Perlomeno andrebbero selezionati i settori produttivi che veramente contano per uno Sviluppo equilibrato e duraturo.
Fintantochè non si affrontano radicalmente le deficienze del sistema produttivo agricolo che è tra le cause della crisi ambientale, fintantochè non si ferma la pressione demografica assieme al livello dei consumi e degli sprechi nelle aree urbane, gli incrementi del PIL continueranno a raccontare solo una parte delle vicende economiche e sociali e finiranno con l'avere solo effetti illusori. La situazione indiana è diversa da quella europea ma le logiche sono le stesse.
Friday, August 21, 2009
Ondate di Calore e Case Colabrodo
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Una recente analisi di Climate Central, basata sui dati di diverse stazioni meteorologiche USA e su modelli di proiezione climatica per 21 città USA, prevede che entro il 2050 ci saranno 6 città nelle quali la temperatura sarà superiore ai 35 °C per più della metà dei giorni di Agosto. Oggi, questo si verifica solo in 2 città, Phoenix e Dallas. Inoltre si prevede che in 12 città la temperatura sarà superiore ai 38 °C per almeno un giorno di Agosto.
Le proiezioni differiscono in base ai diversi scenari che si ipotizzano per le emissioni di gas serra ma non c'è dubbio che la tendenza generale è verso un rialzo delle temperature con l'accentuarsi di fenomeni estremi.
In questo contesto aumentano, soprattutto negli Stati USA del Sud, i consumi di energia elettrica assorbita dagli impianti di refrigerazione e condizionamento che determinano dei picchi nella domanda pericolosi per la rete elettrica. Questo vale ovviamente non solo per gli USA. Inoltre, l'incremento dei consumi induce maggiori emissioni di gas serra in una spirale che è dunque perversa. I condizionatori d'aria sono una delle tante, evidenti ammissioni di stupidità umana: se una casa (o una struttura pubblica) necessita dell'impianto di condizionamento vuol dire semplicemente che è fatta male. Basterebbe farla bene per evitare di buttare energia elettrica e quattrini ma il concetto è troppo elementare perchè venga recepito. E così gli umani accaldati e stressati corrono a comperare condizionatori che, utilizzando elettricità, refrigerano localmente ma scaldano globalmente. Oltretutto, in ambienti condizionati, si vive male e ci si ammala. Sarebbe persino divertente osservare i comportamenti di massa se non fosse che essi hanno effetti ambientali catastrofici.
Uno degli elementi fondamentali nella costruzione di un edificio è il ricoprimento di tetti e/o terrazze con materiali naturali. Si può fare ovunque, serve a tutte le latitudini. Dieci anni fa interpellai in materia una decina di architetti professionisti: tutti erano loquaci e, da buoni italiani, gesticolavano molto mentre esponevano le loro idee sul tema da me proposto. Ma in concreto non sapevano nè progettare nè tantomeno fare un ricoprimento verde. Ed infatti a casa loro si scaldavano bruciando metano e si raffredavano con un condizionatore d'aria. Dunque feci da me che è poi sempre la cosa migliore. Naturalmente succede anche di incontrare persone che sappiano fare il loro mestiere ma è evento raro.
Una recente analisi di Climate Central, basata sui dati di diverse stazioni meteorologiche USA e su modelli di proiezione climatica per 21 città USA, prevede che entro il 2050 ci saranno 6 città nelle quali la temperatura sarà superiore ai 35 °C per più della metà dei giorni di Agosto. Oggi, questo si verifica solo in 2 città, Phoenix e Dallas. Inoltre si prevede che in 12 città la temperatura sarà superiore ai 38 °C per almeno un giorno di Agosto.
Le proiezioni differiscono in base ai diversi scenari che si ipotizzano per le emissioni di gas serra ma non c'è dubbio che la tendenza generale è verso un rialzo delle temperature con l'accentuarsi di fenomeni estremi.
In questo contesto aumentano, soprattutto negli Stati USA del Sud, i consumi di energia elettrica assorbita dagli impianti di refrigerazione e condizionamento che determinano dei picchi nella domanda pericolosi per la rete elettrica. Questo vale ovviamente non solo per gli USA. Inoltre, l'incremento dei consumi induce maggiori emissioni di gas serra in una spirale che è dunque perversa. I condizionatori d'aria sono una delle tante, evidenti ammissioni di stupidità umana: se una casa (o una struttura pubblica) necessita dell'impianto di condizionamento vuol dire semplicemente che è fatta male. Basterebbe farla bene per evitare di buttare energia elettrica e quattrini ma il concetto è troppo elementare perchè venga recepito. E così gli umani accaldati e stressati corrono a comperare condizionatori che, utilizzando elettricità, refrigerano localmente ma scaldano globalmente. Oltretutto, in ambienti condizionati, si vive male e ci si ammala. Sarebbe persino divertente osservare i comportamenti di massa se non fosse che essi hanno effetti ambientali catastrofici.
Uno degli elementi fondamentali nella costruzione di un edificio è il ricoprimento di tetti e/o terrazze con materiali naturali. Si può fare ovunque, serve a tutte le latitudini. Dieci anni fa interpellai in materia una decina di architetti professionisti: tutti erano loquaci e, da buoni italiani, gesticolavano molto mentre esponevano le loro idee sul tema da me proposto. Ma in concreto non sapevano nè progettare nè tantomeno fare un ricoprimento verde. Ed infatti a casa loro si scaldavano bruciando metano e si raffredavano con un condizionatore d'aria. Dunque feci da me che è poi sempre la cosa migliore. Naturalmente succede anche di incontrare persone che sappiano fare il loro mestiere ma è evento raro.
Monday, August 17, 2009
La Missione Solare Indiana
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Il 30 Giugno scorso il Primo Ministro Indiano ha formalmente lanciato il Piano di Azione Nazionale sui Cambiamenti Climatici interpretando così le forti preoccupazioni della società indiana che tocca con mano gli effetti disastrosi delle alterazioni del clima. E' interessante leggere il testo del discorso del Dr. Manmohan Singh da cui si evince il senso della missione sempre presente tra gli statisti indiani. Al di là del tono ispirato c'è poi una notevole concretezza ed infatti il Piano si prefigge di creare le basi per un' economia sostenibile imperniata sull'efficienza energetica e l'utilizzo dell' energia solare.
Se al momento la potenza fotovoltaica installata in India è quasi nulla, l'obiettivo è quello di arrivare ai 20GW entro il 2020 e 200GW entro il 2040. Grande importanza viene attribuita anche al solare termico. La prima stesura del Piano prevedeva finanziamenti governativi per almeno 18 miliardi di dollari nei prossimi 30 anni ma negli ultimi giorni sembra che il governo si stia orientando a chiedere ai Paesi economicamente già forti il trasferimento di tecnologie e capitali. Nei trattati internazionali sul clima, il governo indiano aveva infatti più volte sottolineato che i costi delle tecnologie rinnovabili dovrebbero essere sostenuti dai Paesi ricchi le cui emissioni pro capite di gas serra sono 10-20 volte più alte di quelle indiane. D'altra parte per le aziende dei Paesi ricchi si aprirebbe un mercato immenso con enormi prospettive visto il potenziale di energia solare di cui l'India dispone. Il Piano indiano potrà dunque diventare moneta di scambio ai prossimi negoziati sul clima di Copenaghen....gli indiani direbbero agli occidentali: voi finora avete inquinato più di noi, ora investite da noi le vostre tecnologie pulite così noi non aumenteremo troppo le nostre emissioni inquinanti.
Intanto gli operatori indiani delle energie rinnovabili sostengono il Piano ma chiedono che si aiuti anche lo sviluppo dell'industria nazionale mediante precise politiche fiscali fatte dai governi dei singoli Stati indiani: ad esempio, devolvendo al settore delle energie rinnovabili un centesimo di Rupia (1€ = 68 Rupie) per ogni Kilowatt-ora generato da impianti a carbone. Questo significa 10 milioni di Rupie per ogni Terawatt-ora (TWh). L'India genera 703 TWh all'anno di cui circa il 70% bruciando carbone. Dunque, dai 490 TWh annui generati con il carbone, si potrebbero ricavare 4.9 miliardi di Rupie da destinare ogni anno alla produzione interna di tecnologie rinnovabili. Questa mi sembra la strada giusta (e non solo per l' India) al di là delle dispute sui commerci delle emissioni di gas serra previsti dal Protocollo di Kyoto. Tutti questi negoziati internazionali approdano a poco perchè sono basati su meccanismi troppo complessi e di difficile gestione: l'unica soluzione sta nella tassazione diretta e globale sulle produzioni inquinanti.
Il 30 Giugno scorso il Primo Ministro Indiano ha formalmente lanciato il Piano di Azione Nazionale sui Cambiamenti Climatici interpretando così le forti preoccupazioni della società indiana che tocca con mano gli effetti disastrosi delle alterazioni del clima. E' interessante leggere il testo del discorso del Dr. Manmohan Singh da cui si evince il senso della missione sempre presente tra gli statisti indiani. Al di là del tono ispirato c'è poi una notevole concretezza ed infatti il Piano si prefigge di creare le basi per un' economia sostenibile imperniata sull'efficienza energetica e l'utilizzo dell' energia solare.
Se al momento la potenza fotovoltaica installata in India è quasi nulla, l'obiettivo è quello di arrivare ai 20GW entro il 2020 e 200GW entro il 2040. Grande importanza viene attribuita anche al solare termico. La prima stesura del Piano prevedeva finanziamenti governativi per almeno 18 miliardi di dollari nei prossimi 30 anni ma negli ultimi giorni sembra che il governo si stia orientando a chiedere ai Paesi economicamente già forti il trasferimento di tecnologie e capitali. Nei trattati internazionali sul clima, il governo indiano aveva infatti più volte sottolineato che i costi delle tecnologie rinnovabili dovrebbero essere sostenuti dai Paesi ricchi le cui emissioni pro capite di gas serra sono 10-20 volte più alte di quelle indiane. D'altra parte per le aziende dei Paesi ricchi si aprirebbe un mercato immenso con enormi prospettive visto il potenziale di energia solare di cui l'India dispone. Il Piano indiano potrà dunque diventare moneta di scambio ai prossimi negoziati sul clima di Copenaghen....gli indiani direbbero agli occidentali: voi finora avete inquinato più di noi, ora investite da noi le vostre tecnologie pulite così noi non aumenteremo troppo le nostre emissioni inquinanti.
Intanto gli operatori indiani delle energie rinnovabili sostengono il Piano ma chiedono che si aiuti anche lo sviluppo dell'industria nazionale mediante precise politiche fiscali fatte dai governi dei singoli Stati indiani: ad esempio, devolvendo al settore delle energie rinnovabili un centesimo di Rupia (1€ = 68 Rupie) per ogni Kilowatt-ora generato da impianti a carbone. Questo significa 10 milioni di Rupie per ogni Terawatt-ora (TWh). L'India genera 703 TWh all'anno di cui circa il 70% bruciando carbone. Dunque, dai 490 TWh annui generati con il carbone, si potrebbero ricavare 4.9 miliardi di Rupie da destinare ogni anno alla produzione interna di tecnologie rinnovabili. Questa mi sembra la strada giusta (e non solo per l' India) al di là delle dispute sui commerci delle emissioni di gas serra previsti dal Protocollo di Kyoto. Tutti questi negoziati internazionali approdano a poco perchè sono basati su meccanismi troppo complessi e di difficile gestione: l'unica soluzione sta nella tassazione diretta e globale sulle produzioni inquinanti.
Thursday, August 13, 2009
Calano le Riserve d'Acqua nel Nord dell' India
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Quest'anno il ritardo e la scarsa intensità delle piogge monsoniche hanno provocato fame e carestie in buona parte dell' India.
Uno studio, pubblicato ieri su Nature, analizza le variazioni delle riserve d'acqua di falda negli Stati del Rajashtan, Punjab e Haryana nel periodo che va dall' Agosto del 2002 all' Ottobre del 2008. La ricerca utilizza i dati satellitari forniti dalla missione GRACE (Gravity Recovery And Climate Experiment) nella quale due satelliti si muovono lungo la stessa orbita uno di fronte all'altro. In generale, le grandi masse di acqua terrestre esercitano una piccola forza gravitazionale sui satelliti ed eventuali variazioni delle masse d'acqua determinano spostamenti relativi nella posizione dei due satelliti. Misurando questi spostamenti si possono stimare le riserve di acqua di falda in regioni sufficientemente ampie.
I risultati ottenuti da Matt Rodell, Isabella Velicogna e James Famiglietti sono allarmanti in quanto l'abbassamento della falda risulta essere di circa 4 cm per anno che, nell'area occupata dagli Stati suddetti, equivale ad una perdita di circa 18 Kms cubi per anno. Un buon 20% in più della stima generalmente fatta dal Governo indiano.
E' importante sottolineare che, nel periodo esaminato, la piovosità negli Stati del Nord-Ovest Indiano è stata regolare e dunque l'impoverimento delle falde idriche è dovuto solo all'azione umana: in particolare è l'agricoltura, molto intensiva nel Punjab, che assorbe il 95% delle acque di falda. Per i 114 milioni di abitanti di quelle zone si preannunciano tempi molto duri se non verranno introdotte da subito: 1) pratiche di irrigazione più efficienti, 2) colture, ad esempio il sorgo e il miglio, che assorbano poca acqua a differenza del riso, da sempre incentivato dal governo indiano e richiesto dalla crescente massa di consumatori urbani. Sullo sfondo di tutte le crisi ambientali c'è naturalmente anche l'insopportabile pressione demografica.
In questo contesto, le alterazioni dei cicli monsonici non possono che far peggiorare la situazione.
Un altro studio, che sta per essere pubblicato su Geophysical Research Letters, dimostra che la crisi delle falde idriche investe tutto il Nord dell' India, il Bangla Desh e ampie zone del Pakistan.
Quest'anno il ritardo e la scarsa intensità delle piogge monsoniche hanno provocato fame e carestie in buona parte dell' India.
Uno studio, pubblicato ieri su Nature, analizza le variazioni delle riserve d'acqua di falda negli Stati del Rajashtan, Punjab e Haryana nel periodo che va dall' Agosto del 2002 all' Ottobre del 2008. La ricerca utilizza i dati satellitari forniti dalla missione GRACE (Gravity Recovery And Climate Experiment) nella quale due satelliti si muovono lungo la stessa orbita uno di fronte all'altro. In generale, le grandi masse di acqua terrestre esercitano una piccola forza gravitazionale sui satelliti ed eventuali variazioni delle masse d'acqua determinano spostamenti relativi nella posizione dei due satelliti. Misurando questi spostamenti si possono stimare le riserve di acqua di falda in regioni sufficientemente ampie.
I risultati ottenuti da Matt Rodell, Isabella Velicogna e James Famiglietti sono allarmanti in quanto l'abbassamento della falda risulta essere di circa 4 cm per anno che, nell'area occupata dagli Stati suddetti, equivale ad una perdita di circa 18 Kms cubi per anno. Un buon 20% in più della stima generalmente fatta dal Governo indiano.
E' importante sottolineare che, nel periodo esaminato, la piovosità negli Stati del Nord-Ovest Indiano è stata regolare e dunque l'impoverimento delle falde idriche è dovuto solo all'azione umana: in particolare è l'agricoltura, molto intensiva nel Punjab, che assorbe il 95% delle acque di falda. Per i 114 milioni di abitanti di quelle zone si preannunciano tempi molto duri se non verranno introdotte da subito: 1) pratiche di irrigazione più efficienti, 2) colture, ad esempio il sorgo e il miglio, che assorbano poca acqua a differenza del riso, da sempre incentivato dal governo indiano e richiesto dalla crescente massa di consumatori urbani. Sullo sfondo di tutte le crisi ambientali c'è naturalmente anche l'insopportabile pressione demografica.
In questo contesto, le alterazioni dei cicli monsonici non possono che far peggiorare la situazione.
Un altro studio, che sta per essere pubblicato su Geophysical Research Letters, dimostra che la crisi delle falde idriche investe tutto il Nord dell' India, il Bangla Desh e ampie zone del Pakistan.
Monday, August 10, 2009
Cooperazione tra Israeliani e Palestinesi
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Milioni di turisti sono in queste settimane distesi lungo le spiagge del Mediterraneo, portano quattrini ma anche una maggior pressione ambientale alle già densamente popolate località costiere. C'è nel Mediterraneo più orientale una striscia di terra martoriata dove la vita è particolarmente difficile e dove i problemi ambientali sono particolarmente acuti: la Striscia di Gaza che, con circa 1.5 milioni di abitanti su 360 kms quadrati, è una delle zone più densamente popolate al mondo.
Con piacere, voglio qui dare notizia di un progetto di collaborazione avviato tra i Sindaci delle vicine città di Gaza e Ashkelon (Israele) per trattare le acque di scarico della popolazione di Gaza che formano immense fogne a cielo aperto, infettano le falde sotterranee e inquinano la stessa costa mediterranea che accomuna i due popoli. I bambini di Gaza soffrono di diarrea, vermi intestinali e malattie all'apparato respiratorio dovute ai miasmi emessi dalle lagune formate dagli scarichi non trattati. La stessa città di Ashkelon vede arrivare ogni giorno dal mare un flusso scuro proveniente da Gaza ed ha tutto l'interesse ad affrontare il problema. Le questioni ambientali sono sempre interessanti anche perchè dimostrano quanto sia ridicola l'idea stessa di confine. Inoltre, il trattamento delle acque permetterebbe di ottenere composti fertilizzanti per l'agricoltura di Gaza. Partners nel progetto sono anche la compagnia israeliana Mekorot, l'Autorità per le acque Palestinese e le Nazioni Unite. Serve però anche l'approvazione di Hamas. Vedremo se arriva.
Milioni di turisti sono in queste settimane distesi lungo le spiagge del Mediterraneo, portano quattrini ma anche una maggior pressione ambientale alle già densamente popolate località costiere. C'è nel Mediterraneo più orientale una striscia di terra martoriata dove la vita è particolarmente difficile e dove i problemi ambientali sono particolarmente acuti: la Striscia di Gaza che, con circa 1.5 milioni di abitanti su 360 kms quadrati, è una delle zone più densamente popolate al mondo.
Con piacere, voglio qui dare notizia di un progetto di collaborazione avviato tra i Sindaci delle vicine città di Gaza e Ashkelon (Israele) per trattare le acque di scarico della popolazione di Gaza che formano immense fogne a cielo aperto, infettano le falde sotterranee e inquinano la stessa costa mediterranea che accomuna i due popoli. I bambini di Gaza soffrono di diarrea, vermi intestinali e malattie all'apparato respiratorio dovute ai miasmi emessi dalle lagune formate dagli scarichi non trattati. La stessa città di Ashkelon vede arrivare ogni giorno dal mare un flusso scuro proveniente da Gaza ed ha tutto l'interesse ad affrontare il problema. Le questioni ambientali sono sempre interessanti anche perchè dimostrano quanto sia ridicola l'idea stessa di confine. Inoltre, il trattamento delle acque permetterebbe di ottenere composti fertilizzanti per l'agricoltura di Gaza. Partners nel progetto sono anche la compagnia israeliana Mekorot, l'Autorità per le acque Palestinese e le Nazioni Unite. Serve però anche l'approvazione di Hamas. Vedremo se arriva.
Thursday, August 6, 2009
L' Efficienza Energetica arricchisce...
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Nei Paesi Europei, i consumi elettrici lordi costituiscono circa un terzo dei consumi energetici complessivi e il settore residenziale assorbe circa il 30% dell'energia elettrica consumata. Dunque l'energia elettrica che si usa nelle case incide non poco sulla bilancia energetica dei singoli Paesi d'Europa. Facendo un'analisi più dettagliata dei consumi elettrici casalinghi si nota come una buona parte di quell'elettricità viene letteralmente buttata via. Uno studio pubblicato due anni fa dall' Institute for Environment and Sustainability della Commissione Europea rivelava che, dei 704 TWh (1 Terawatt ora = 1 miliardo di Chilowatt ora) annui netti consumati nei 15 Paesi della Vecchia Europa (senza i Nuovi Stati Membri), ben 150 TWh vengono bruciati per scaldare elettricamente le case europee. E altri 65 TWh vengono bruciati per scaldare l'acqua ! Vale a dire che il 31% dell'energia elettrica casalinga viene utilizzata per usi termici...e la cosa è un'autentica follia come capisce al volo chiunque abbia fatto la scuola dell'obbligo e chiunque abbia buon senso. Si può benissimo riscaldare le stanze e l'acqua sanitaria utilizzando l'energia solare (già regalataci in forma termica) ed integrandola magari con efficienti caldaie a biomasse o stufe a legna.
E i capitoli di consumo in cui si può fare risparmio non sono finiti: ne ho considerati solo due ma ci sono i condizionatori, l'illuminazione, gli elettrodomestici...
Solo per dare un'idea, quei 150+65 = 215 TWh, equivalgono circa alla produzione di energia elettrica annua di 24 centrali nucleari da 1GW di potenza ciascuna.
Ergo, se i cittadini e i governi dei 15 Paesi della Vecchia Europa fossero virtuosi potrebbero da domani mattina cominciare a risparmiare 215 TWh e, al contempo, potrebbero chiudere 24 centrali nucleari....a piacimento, un pò per ciascuno! Dunque risparmierebbero due volte senza alcun bisogno di investire in nuove centrali nucleari o a carbone che siano.
I 17 reattori nucleari in funzione in Germania hanno prodotto, nel 2008, 141 TWh che è proprio l'equivalente dei consumi elettrici residenziali tedeschi. Poichè anche nelle case tedesche l'energia elettrica viene sperperata in usi termici assurdi (boilers, piastre e forni elettrici, stufe per riscaldamento...) se ne deduce agilmente che una buona parte di quei reattori potrebbe essere eliminata nel giro di qualche settimana introducendo precisi vincoli di razionalità ed efficienza casalinga....
E potrei continuare con vari esempi relativi al mostruoso caso francese, all'Italia e cosi via...
E' evidente che la vera origine degli elevati consumi energetici, elettrici e non, sta nell'ignoranza di massa che inevitabilmente si riflette al livello della rappresentanza politica. L'individuo con alto tasso di cultura (quella vera) vive molto bene consumando poca energia e spendendo poco. L'individuo-massa, privo di conoscenze, vive molto male consumando molto e spendendo molto.
L'idea che un Paese sviluppato deva consumare molta energia e che i consumi devano crescere è assolutamente malsana e infondata. Chi ha più cervello produce meglio consumando di meno, naturalmente entro certi limiti.
C'è dunque bisogno di cultura per poter avviare su grande scala politiche di risparmio energetico.
Nei Paesi Europei, i consumi elettrici lordi costituiscono circa un terzo dei consumi energetici complessivi e il settore residenziale assorbe circa il 30% dell'energia elettrica consumata. Dunque l'energia elettrica che si usa nelle case incide non poco sulla bilancia energetica dei singoli Paesi d'Europa. Facendo un'analisi più dettagliata dei consumi elettrici casalinghi si nota come una buona parte di quell'elettricità viene letteralmente buttata via. Uno studio pubblicato due anni fa dall' Institute for Environment and Sustainability della Commissione Europea rivelava che, dei 704 TWh (1 Terawatt ora = 1 miliardo di Chilowatt ora) annui netti consumati nei 15 Paesi della Vecchia Europa (senza i Nuovi Stati Membri), ben 150 TWh vengono bruciati per scaldare elettricamente le case europee. E altri 65 TWh vengono bruciati per scaldare l'acqua ! Vale a dire che il 31% dell'energia elettrica casalinga viene utilizzata per usi termici...e la cosa è un'autentica follia come capisce al volo chiunque abbia fatto la scuola dell'obbligo e chiunque abbia buon senso. Si può benissimo riscaldare le stanze e l'acqua sanitaria utilizzando l'energia solare (già regalataci in forma termica) ed integrandola magari con efficienti caldaie a biomasse o stufe a legna.
E i capitoli di consumo in cui si può fare risparmio non sono finiti: ne ho considerati solo due ma ci sono i condizionatori, l'illuminazione, gli elettrodomestici...
Solo per dare un'idea, quei 150+65 = 215 TWh, equivalgono circa alla produzione di energia elettrica annua di 24 centrali nucleari da 1GW di potenza ciascuna.
Ergo, se i cittadini e i governi dei 15 Paesi della Vecchia Europa fossero virtuosi potrebbero da domani mattina cominciare a risparmiare 215 TWh e, al contempo, potrebbero chiudere 24 centrali nucleari....a piacimento, un pò per ciascuno! Dunque risparmierebbero due volte senza alcun bisogno di investire in nuove centrali nucleari o a carbone che siano.
I 17 reattori nucleari in funzione in Germania hanno prodotto, nel 2008, 141 TWh che è proprio l'equivalente dei consumi elettrici residenziali tedeschi. Poichè anche nelle case tedesche l'energia elettrica viene sperperata in usi termici assurdi (boilers, piastre e forni elettrici, stufe per riscaldamento...) se ne deduce agilmente che una buona parte di quei reattori potrebbe essere eliminata nel giro di qualche settimana introducendo precisi vincoli di razionalità ed efficienza casalinga....
E potrei continuare con vari esempi relativi al mostruoso caso francese, all'Italia e cosi via...
E' evidente che la vera origine degli elevati consumi energetici, elettrici e non, sta nell'ignoranza di massa che inevitabilmente si riflette al livello della rappresentanza politica. L'individuo con alto tasso di cultura (quella vera) vive molto bene consumando poca energia e spendendo poco. L'individuo-massa, privo di conoscenze, vive molto male consumando molto e spendendo molto.
L'idea che un Paese sviluppato deva consumare molta energia e che i consumi devano crescere è assolutamente malsana e infondata. Chi ha più cervello produce meglio consumando di meno, naturalmente entro certi limiti.
C'è dunque bisogno di cultura per poter avviare su grande scala politiche di risparmio energetico.
Tuesday, August 4, 2009
Energia Eolica e Solare Fotovoltaico
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Mentre viene approvata la riconversione a carbone della centrale ENEL di Porto Tolle e si progetta la costruzione di centrali nucleari, qualche fine esteta argomenta che le pale eoliche rovinano il paesaggio. E' evidente che tale argomento è di per sè ridicolo: il senso estetico è connaturato al livello culturale e alla flessibilità mentale di un individuo, è frutto di anni di studi e viaggi. E' quindi ovvio che il senso estetico non possa essere appannaggio di tutti.
Le pale eoliche sono invece bellissime e su ciò concorda chiunque abbia vero senso estetico...ricordo solo lo spettacolo che si osserva dall'alto della città di Jaisalmer di fronte alla distesa di turbine che punteggiano il deserto del Thar e, oltre all'elettricità, garantiscono acqua alle altrimenti assetate popolazioni di quella parte del Rajasthan. Non c'è dubbio poi che le tecnologie eoliche su grande scala costituiscono uno degli investimenti più remunerativi e produttivi nel campo energetico a livello mondiale.
Semmai, i problemi legati agli impianti eolici in Italia sono altri: 1) il vento non è generalmente molto e l'intermittenza (i tempi di scarsa produttività) sono notevoli; 2) il vento è disponibile soprattutto su crinali di difficile accesso: dunque portare e posizionare torri da cento metri su quei siti comporta lavori di scasso spesso troppo pesanti. Non è come realizzare un parco eolico nel deserto!
Anche per questo secondo motivo, negli ultimi anni, molti hanno guardato con interesse al settore dell' eolico su piccola scala, fatto di turbine alte tipicamente una decina di metri e di potenza fino a 20Kw (fino a 50Kw secondo altre classificazioni) . In zone isolate il mini-eolico può essere un' opzione. Un test comparativo fatto in Olanda, appena pubblicato da CleanTechnica, dimostra però che, per gli usi residenziali, il mini-eolico costa otto volte in più del solare fotovoltaico a parità di energia elettrica prodotta (200Kwh mensili) . C'è chi pensa che la reale produttività delle piccole turbine sia stata in passato generalmente sovrastimata.
Mentre viene approvata la riconversione a carbone della centrale ENEL di Porto Tolle e si progetta la costruzione di centrali nucleari, qualche fine esteta argomenta che le pale eoliche rovinano il paesaggio. E' evidente che tale argomento è di per sè ridicolo: il senso estetico è connaturato al livello culturale e alla flessibilità mentale di un individuo, è frutto di anni di studi e viaggi. E' quindi ovvio che il senso estetico non possa essere appannaggio di tutti.
Le pale eoliche sono invece bellissime e su ciò concorda chiunque abbia vero senso estetico...ricordo solo lo spettacolo che si osserva dall'alto della città di Jaisalmer di fronte alla distesa di turbine che punteggiano il deserto del Thar e, oltre all'elettricità, garantiscono acqua alle altrimenti assetate popolazioni di quella parte del Rajasthan. Non c'è dubbio poi che le tecnologie eoliche su grande scala costituiscono uno degli investimenti più remunerativi e produttivi nel campo energetico a livello mondiale.
Semmai, i problemi legati agli impianti eolici in Italia sono altri: 1) il vento non è generalmente molto e l'intermittenza (i tempi di scarsa produttività) sono notevoli; 2) il vento è disponibile soprattutto su crinali di difficile accesso: dunque portare e posizionare torri da cento metri su quei siti comporta lavori di scasso spesso troppo pesanti. Non è come realizzare un parco eolico nel deserto!
Anche per questo secondo motivo, negli ultimi anni, molti hanno guardato con interesse al settore dell' eolico su piccola scala, fatto di turbine alte tipicamente una decina di metri e di potenza fino a 20Kw (fino a 50Kw secondo altre classificazioni) . In zone isolate il mini-eolico può essere un' opzione. Un test comparativo fatto in Olanda, appena pubblicato da CleanTechnica, dimostra però che, per gli usi residenziali, il mini-eolico costa otto volte in più del solare fotovoltaico a parità di energia elettrica prodotta (200Kwh mensili) . C'è chi pensa che la reale produttività delle piccole turbine sia stata in passato generalmente sovrastimata.
Sunday, August 2, 2009
L' albero della Gomma e i Restauri Ecologici
*
L'albero della gomma, Hevea Brasiliensis, è originario dell' Amazonia. Verso la fine dell' Ottocento, l'invenzione del pneumatico e il diffondersi dell'automobile hanno creato i presupposti per una grande crescita della domanda di gomma le cui esportazioni hanno arricchito in qualche decennio le classi medie di Belém e Manaus. Già però nel 1875, un commerciante inglese aveva portato in Inghilterra i semi dell' H. Brasiliensis aprendo la strada alla coltura della gomma nelle colonie britanniche del Sud-Est asiatico le quali, già nel secondo decennio del Novecento, fecero forte concorrenza alla produzione brasiliana.
Negli ultimi quaranta anni, l'albero della gomma ha invaso la Cina ed in particolare la bellissima provincia dello Yunnan le cui foreste tropicali sono state in gran parte spazzate via per soddisfare la domanda interna ed esterna di gomma. La gomma naturale è infatti nettamente superiore a quella sintetica. La monocoltura ha però sempre degli effetti collaterali nefasti. Infatti, spillare il latex (la resina) di un H. Brasiliensis nella foresta amazonica non fa danno in quanto quell'albero è comunque circondato da tante specie diverse in un contesto di grande biodiversità. Se però si spilla su grande scala la resina di una intera foresta di alberi della gomma si provoca un disastro in quanto quegli alberi dovranno succhiare grandi quantità di acqua per supplire al supplizio: 5 ton per ettaro annue, secondo le stime dei botanici del Xishuangbanna Tropical Botanical Garden dello Yunnan. Di conseguenza le falde acquifere si abbassano, il suolo si impoverisce, le altre specie non hanno spazio e il regime idrogeologico della regione viene modificato. Inoltre l'albero della gomma può essere facilmente attaccato da un fungo i cui effetti sono devastanti in una foresta monocolturale che è sempre più vulnerabile.
Ora le stesse autorità cinesi stanno cominciando a capire che il rischio ecologico è grande e il gioco forse non vale la candela. Alcuni ecologi propongono di ripristinare le colture di tea dalle "grandi foglie" (Camellia Sinensis Assamica), un vero e proprio albero che tradizionalmente veniva coltivato nelle foreste dello Yunnan e dunque cresceva assieme ad altre piante. Il tea avrebbe inoltre un buon valore di mercato e sarebbe una coltura remunerativa. E' un esempio di Restauro Ecologico. Intanto però le aziende della gomma cinesi, utilizzando gli incentivi statali, colonizzano il vicino e spopolato Laos facendo credere ai contadini che il business della gomma porterà loro ricchezza.
L'albero della gomma, Hevea Brasiliensis, è originario dell' Amazonia. Verso la fine dell' Ottocento, l'invenzione del pneumatico e il diffondersi dell'automobile hanno creato i presupposti per una grande crescita della domanda di gomma le cui esportazioni hanno arricchito in qualche decennio le classi medie di Belém e Manaus. Già però nel 1875, un commerciante inglese aveva portato in Inghilterra i semi dell' H. Brasiliensis aprendo la strada alla coltura della gomma nelle colonie britanniche del Sud-Est asiatico le quali, già nel secondo decennio del Novecento, fecero forte concorrenza alla produzione brasiliana.
Negli ultimi quaranta anni, l'albero della gomma ha invaso la Cina ed in particolare la bellissima provincia dello Yunnan le cui foreste tropicali sono state in gran parte spazzate via per soddisfare la domanda interna ed esterna di gomma. La gomma naturale è infatti nettamente superiore a quella sintetica. La monocoltura ha però sempre degli effetti collaterali nefasti. Infatti, spillare il latex (la resina) di un H. Brasiliensis nella foresta amazonica non fa danno in quanto quell'albero è comunque circondato da tante specie diverse in un contesto di grande biodiversità. Se però si spilla su grande scala la resina di una intera foresta di alberi della gomma si provoca un disastro in quanto quegli alberi dovranno succhiare grandi quantità di acqua per supplire al supplizio: 5 ton per ettaro annue, secondo le stime dei botanici del Xishuangbanna Tropical Botanical Garden dello Yunnan. Di conseguenza le falde acquifere si abbassano, il suolo si impoverisce, le altre specie non hanno spazio e il regime idrogeologico della regione viene modificato. Inoltre l'albero della gomma può essere facilmente attaccato da un fungo i cui effetti sono devastanti in una foresta monocolturale che è sempre più vulnerabile.
Ora le stesse autorità cinesi stanno cominciando a capire che il rischio ecologico è grande e il gioco forse non vale la candela. Alcuni ecologi propongono di ripristinare le colture di tea dalle "grandi foglie" (Camellia Sinensis Assamica), un vero e proprio albero che tradizionalmente veniva coltivato nelle foreste dello Yunnan e dunque cresceva assieme ad altre piante. Il tea avrebbe inoltre un buon valore di mercato e sarebbe una coltura remunerativa. E' un esempio di Restauro Ecologico. Intanto però le aziende della gomma cinesi, utilizzando gli incentivi statali, colonizzano il vicino e spopolato Laos facendo credere ai contadini che il business della gomma porterà loro ricchezza.
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