Friday, June 11, 2010

Illusione della Crescita e Realtà della Biofisica

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Un bravo ragazzo che lavora in un'azienda della Val di Chiana mi diceva qualche giorno fa che è necessario rilanciare i consumi per far girare l'economia. Il poveretto ripeteva scioccamente e a pappagallo il mantra, diffuso quotidianamente dai media, che bene sintetizza la visione economica dominante: "solo se l'economia cresce ci sarà ricchezza da redistribuire e dunque anche gli individui vedranno aumentare il loro benessere". La crescita economica è dunque un imperativo categorico. Ogni nazione potrà perseguire tale obiettivo specializzandosi nella produzione di beni che potrà esportare a prezzi competitivi mentre importerà quei beni che altre nazioni produrranno a prezzi relativamente minori. In questa concezione Ricardiana del vantaggio comparativo il libero scambio è favorevole per tutti e il commercio internazionale farà crescere la ricchezza delle nazioni.

Purtroppo il pensiero convenzionale fa i conti senza l'oste in quanto considera la sfera dell' economia come separata dall' eco-sfera. Per produrre i beni, la cosiddetta ricchezza, bisogna però prelevare materie prime dall'eco-sfera e così facendo si perturbano gli ecosistemi. Poichè le materie prime (risorse naturali) sono comunque limitate non si vede come la crescita possa durare all'infinito.  A questo punto il mantra dominante entra in crisi e, a ben vedere, è già in crisi da un pezzo. La straordinaria pressione esercitata dagli umani sul Pianeta (aumentati di 4 volte in 100 anni) e il nuovo ruolo mondiale delle grandi economie asiatiche hanno solo reso più evidente in questi ultimi anni come le idee della crescita e del commercio globale siano impregnate di illusioni positiviste.

Queste medesime visioni animavano i dirigenti dell' Union Carbide  (UC) che, all'inizio degli anni '60 del secolo scorso, pensarono di costruire a Bhopal (India) una fabbrica modello per produrre il Sevin, un pesticida a base di isocianato di metile che avrebbe finalmente risolto i problemi dei contadini indiani. Anche molti politici indiani, locali e nazionali,  erano convinti della bontà di quel progetto e i tanti ingegneri indiani assunti dall' UC erano felici di mettere le proprie competenze al servizio della Nazione e di contribuirne alla prosperità. La fabbrica fu inaugurata in pompa magna il 4 Maggio 1980 alla presenza del Presidente UC Warren Anderson.

Da lì a qualche tempo l'assurdità del progetto divenne evidente. Si legga il magnifico libro di Lapierre e Moro per una ricostruzione dettagliata degli eventi. E' tradotto anche in Italiano.  Il 26 Ottobre 1984 la produzione terminò e la fabbrica fu progressivamente abbandonata (le stesse operazioni di manutenzione furono sospese)  nonostante il micidiale carico di isocianato di metile fosse ancora nelle vasche della fabbrica. Nella notte tra il 2 e il 3 Dicembre 1984 si verificò uno dei più grandi disastri della storia industriale. In questi giorni ne abbiamo visto l'epilogo con le ridicole condanne ad otto dirigenti indiani mentre i caporioni dell'UC (latitanti) l'hanno fatta franca.

Dall'industria chimica all'industria petrolifera l'illusione della crescita insostenibile continua...

Intanto nel Golfo del Messico il pozzo petrolifero è stato (forse)  tappato ma la commissione di esperti coordinata dal US Geological Survey stima che, dal 20 Aprile al 3 Giugno, siano fuoriusciti dai 20000 ai 40000 barili di petrolio al giorno....e non "solo" 5000 come diceva inizialmente la compagnia inglese BP. Ciò è paragonabile ad almeno nove disastri del tipo Exxon Valdez.




Caratteristica fondamentale degli umani è però quella di dimenticare in fretta...in fondo è meglio dimenticare i disastri perchè il petrolio è il vero propulsore dell' economia che gira, almeno fino a quando ce ne sarà. Peccato però che questi disastri abbiano oramai dimensioni e conseguenze tali da mangiarsi anche porzioni consistenti di Prodotto Interno Lordo.


Five Past Midnight in Bhopal: The Epic Story of the World's Deadliest Industrial Disaster

Not One Drop: Betrayal and Courage in the Wake of the Exxon Valdez Oil Spill
 

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