*
While the pathway towards the Copenhagen summit seems well defined, a growing number of diplomatic moves and announcements suggest that a decent compromise among the big players is the best we can expect. In fact, some OECD nations (Norway, Germany and United Kingdom for different reasons) have slightly curbed their greenhouse gases emissions with respect to 1990 but these are still crumbs. And the overall trend reports a steady increase in the carbon dioxide concentration in the atmosphere.
But I feel you want now some positive news...it can't be everything negative!
Right, then I want to draw your attention on the Barefoot College at Tilonia in Rajasthan. Indeed a great experience which has been selected as finalist at World Challenge 2009. I'd say a button-up project which started 37 years ago and later on spread throughout many other rural villages in India, Africa and Bolivia.
Hereafter three very interesting videos. The first gives you an overview of project and motivations behind it. The second reports on the sun powered water de-salination plant at Tilonia. The third one tells you about the international dimension of the Barefoot College people.
A true master project...Enjoy !
Questo blog nasce con l'intento di dare un contributo alla diffusione di una cultura ambientalista sia teorico-scientifica che operativa. E libera da intrallazzi. Strada facendo qualche divagazione si fa necessaria. ******* Motivation which inspires this blog is helping to spread an environmental culture with both scientific and practical sound basis. Above all, a Frauds Free culture. Some contributions on other issues are published according to latest news and needs.
Sunday, October 25, 2009
Friday, October 23, 2009
Climate Change Impacts...Take Action
*
The British Government and the Met Office publish an interactive map showing effects of global average temperature enhancements above pre-industrial recorded levels. The map summarizes well known scenarios predicted by leading climate scientists at Hadley Centre .
Climate change impacts are pointed out for nine specific issues listed in the lower side: forest fires, crops....plus "health".
Selecting any of them and clicking on the corresponding + signs (inside the same colour circles) you also get links to infos and some scientific literature in the area.
Here you have so much to study till the Copenhagen summit and beyond.
Have fun playing with the map and enjoy your future !
The British Government and the Met Office publish an interactive map showing effects of global average temperature enhancements above pre-industrial recorded levels. The map summarizes well known scenarios predicted by leading climate scientists at Hadley Centre .
Climate change impacts are pointed out for nine specific issues listed in the lower side: forest fires, crops....plus "health".
Selecting any of them and clicking on the corresponding + signs (inside the same colour circles) you also get links to infos and some scientific literature in the area.
Here you have so much to study till the Copenhagen summit and beyond.
Have fun playing with the map and enjoy your future !
Thursday, October 22, 2009
Verso il Summit di Copenhagen
*
Ci stiamo avvicinando al famoso summit delle Nazioni Unite che si terrà a Copenhagen tra un mese e mezzo. Vi parteciperanno circa 15.000 delegati in rappresentanza di 200 nazioni. Un grande circo di attori i quali dovrebbero trovare un qualche accordo e stendere un piano credibile per far fronte alla più grande calamità del nostro tempo, il cambiamento climatico. Almeno per quella parte di cui sono responsabili gli umani secondo i documentati quattro rapporti dell' Intergovernmental Panel on Climate Change. Gli incontri di Copenhagen dovrebbero continuare la strada apertasi con il Protocollo di Kyoto che è in via di scadenza e che ha dato finora pochissimi risultati. Anche perchè è nato male ed è basato su strategie, essenzialmente il commercio delle emissioni inquinanti, molto discutibili. Il fatto è che dal 1997 ad oggi le emissioni di gas serra sono comunque cresciute e solo la crisi economica ha prodotto nell'ultimo anno qualche tangibile beneficio, almeno da questo punto di vista.
A Copenhagen i politici dei Paesi che contano una qualche forma di compromesso dovranno trovarla per non perdere la faccia ma le posizioni di partenza sono molto distanti. Da una parte ci sono le grandi economie dei Paesi emergenti i quali non vogliono rinunciare a tassi di crescita del PIL del 6-8% che consentono di portare fasce crescenti di popolazione su standard di vita occidentali. Dall'altra parte ci sono i Paesi già ricchi i quali non vogliono rinunciare agli standard raggiunti e ai livelli di consumo abituali nonostante sia evidente che essi siano oramai insostenibili.
Molti dirigenti dei Paesi emergenti sanno bene che essi non potranno percorrere esattamente lo stesso cammino dei Paesi già emersi. Costoro argomentano però a ragione che le loro quote di emissioni pro-capite sono un decimo (o un ventesimo) di quelle dei Paesi occidentali (e dei membri dell'OECD) . Ad esempio, le emissioni annue di CO_2 indiane sono circa 1.3 miliardi di tonnellate (poco più di 1 ton a testa) mentre quelle britanniche sono circa 585 milioni di tonnellate (circa 10 ton a testa) e quelle australiane sono circa 417 milioni di tonnellate (oltre 20 ton a testa). Tornerò però sul caso australiano perchè la cruda cifra non racconta tutta la storia !
Comunque sia, la novità del summit di Copenhagen sta nel fatto che gli USA si presenteranno da protagonisti con il nuovo Presidente che non può permettersi di far passi falsi sulla "questione clima" dopo che il suo piano di Riforma Sanitaria sta trovando più di un ostacolo. Il fatto paradossale è che pur di trovare consensi tra i Repubblicani, il neo Premio Nobel sta dimostrando una crescente disponibilità in materia di energia nucleare. Le sue recentissime affermazioni in supporto alla tecnologia nucleare "che non produce emissioni di gas serra" sono chiarissime anche se probabilmente deluderanno parecchi sostenitori della Green Economy che in Italia e altrove si erano lanciati ad osannare il nuovo eroe dell'ambientalismo all'indomani della sua elezione. Senza capire bene cosa fosse e sia questa Economia Verde. E' possibile però che molti di questi ingenui fessacchiotti non seguano le vere strategie di politica energetica USA anche perchè non sanno leggere. Meglio allora non ricordare loro che già cinque mesi fa il neo-Presidente approvò un piano per la fornitura di tecnologia nucleare agli Emirati Arabi Uniti. Ed è meglio dunque non dir loro che il Presidente USA sta dimostrando anche una notevole apertura per nuove esplorazioni di giacimenti di gas e petrolio (negli USA) : forse ci rimarrebbero male.
E' un fatto che la nuova amministrazione USA ha dato impulso alle tecnologie rinnovabili ma il grosso della produzione energetica viene e continuerà a venire dai combustibili fossili ai quali gli USA non rinunciano di certo. Anzi. Insomma se è vero che la politica si fa con i compromessi, è altrettanto vero che la strada verso Copenhagen è tutta in salita. E a me sembra difficile che da quel summit possano uscire politiche ambientali rigorose ed efficaci. Se poi mi sbaglio è meglio.
Ci stiamo avvicinando al famoso summit delle Nazioni Unite che si terrà a Copenhagen tra un mese e mezzo. Vi parteciperanno circa 15.000 delegati in rappresentanza di 200 nazioni. Un grande circo di attori i quali dovrebbero trovare un qualche accordo e stendere un piano credibile per far fronte alla più grande calamità del nostro tempo, il cambiamento climatico. Almeno per quella parte di cui sono responsabili gli umani secondo i documentati quattro rapporti dell' Intergovernmental Panel on Climate Change. Gli incontri di Copenhagen dovrebbero continuare la strada apertasi con il Protocollo di Kyoto che è in via di scadenza e che ha dato finora pochissimi risultati. Anche perchè è nato male ed è basato su strategie, essenzialmente il commercio delle emissioni inquinanti, molto discutibili. Il fatto è che dal 1997 ad oggi le emissioni di gas serra sono comunque cresciute e solo la crisi economica ha prodotto nell'ultimo anno qualche tangibile beneficio, almeno da questo punto di vista.
A Copenhagen i politici dei Paesi che contano una qualche forma di compromesso dovranno trovarla per non perdere la faccia ma le posizioni di partenza sono molto distanti. Da una parte ci sono le grandi economie dei Paesi emergenti i quali non vogliono rinunciare a tassi di crescita del PIL del 6-8% che consentono di portare fasce crescenti di popolazione su standard di vita occidentali. Dall'altra parte ci sono i Paesi già ricchi i quali non vogliono rinunciare agli standard raggiunti e ai livelli di consumo abituali nonostante sia evidente che essi siano oramai insostenibili.
Molti dirigenti dei Paesi emergenti sanno bene che essi non potranno percorrere esattamente lo stesso cammino dei Paesi già emersi. Costoro argomentano però a ragione che le loro quote di emissioni pro-capite sono un decimo (o un ventesimo) di quelle dei Paesi occidentali (e dei membri dell'OECD) . Ad esempio, le emissioni annue di CO_2 indiane sono circa 1.3 miliardi di tonnellate (poco più di 1 ton a testa) mentre quelle britanniche sono circa 585 milioni di tonnellate (circa 10 ton a testa) e quelle australiane sono circa 417 milioni di tonnellate (oltre 20 ton a testa). Tornerò però sul caso australiano perchè la cruda cifra non racconta tutta la storia !
Comunque sia, la novità del summit di Copenhagen sta nel fatto che gli USA si presenteranno da protagonisti con il nuovo Presidente che non può permettersi di far passi falsi sulla "questione clima" dopo che il suo piano di Riforma Sanitaria sta trovando più di un ostacolo. Il fatto paradossale è che pur di trovare consensi tra i Repubblicani, il neo Premio Nobel sta dimostrando una crescente disponibilità in materia di energia nucleare. Le sue recentissime affermazioni in supporto alla tecnologia nucleare "che non produce emissioni di gas serra" sono chiarissime anche se probabilmente deluderanno parecchi sostenitori della Green Economy che in Italia e altrove si erano lanciati ad osannare il nuovo eroe dell'ambientalismo all'indomani della sua elezione. Senza capire bene cosa fosse e sia questa Economia Verde. E' possibile però che molti di questi ingenui fessacchiotti non seguano le vere strategie di politica energetica USA anche perchè non sanno leggere. Meglio allora non ricordare loro che già cinque mesi fa il neo-Presidente approvò un piano per la fornitura di tecnologia nucleare agli Emirati Arabi Uniti. Ed è meglio dunque non dir loro che il Presidente USA sta dimostrando anche una notevole apertura per nuove esplorazioni di giacimenti di gas e petrolio (negli USA) : forse ci rimarrebbero male.
E' un fatto che la nuova amministrazione USA ha dato impulso alle tecnologie rinnovabili ma il grosso della produzione energetica viene e continuerà a venire dai combustibili fossili ai quali gli USA non rinunciano di certo. Anzi. Insomma se è vero che la politica si fa con i compromessi, è altrettanto vero che la strada verso Copenhagen è tutta in salita. E a me sembra difficile che da quel summit possano uscire politiche ambientali rigorose ed efficaci. Se poi mi sbaglio è meglio.
Wednesday, October 14, 2009
Radioactive Waste, The Nuclear Nightmare
Il seguente link video ti è stato inviato da: marco zoli | ||||
Déchets, le cauchemar du nucléaire : la bande-annonce - ARTE | ||||
marco zoli dice: Trailer del documentario di Laure Noualhat e Eric Guéret. | ||||
Production: Bonne Pioche /ARTE France
Summary:
As the world wakes up to the dangers of global warming, industrialists and some politicians are presenting nuclear power as the energy of the future – squeaky-clean, fully under control and perfectly safe for human health and the environment. Sometimes it is even described as sustainable.
But is nuclear power really as clean as they make out?
Proposals to relaunch nuclear power, after most European countries had opted to abandon it, have rekindled the debate between its supporters and opponents. At the heart of the matter is everyone's fear of radioactive waste.
Waste is the nuclear industry's Achilles heel – and its worst nightmare. Populations are afraid of it and scientists still have not found a satisfactory way of dealing with it. Meanwhile, the heads of the industry try to reassure us and politicians avoid the issue.
What exactly do we know about nuclear waste? How can citizens get a clear picture of a subject which has always been shrouded in secrecy?
Our aim is to provide a worldwide overview of the subject of nuclear waste. Filming takes place in France, Germany, Russia and the USA.
The investigation is conducted with the help of independent scientists who travel with us to visit a number of nuclear facilities in different parts of the world. Via field measurements, analyses and encounters with other scientists from all sides of the debate, engineers, workers in the nuclear industry and opponents of nuclear power, the film attempts to answer the questions on everyone's minds:
- Is nuclear waste dangerous?
- What has been done with it, since nuclear power first began to be used?
- Is there a solution?
Our investigation also brings us into contact with members of governments, advisors and heads of the nuclear industry. We also hear from the anti-nuclear camp, defectors from the industry and environmental organizations. The aim is to deconstruct supposedly 'scientific' decisions on how to deal with nuclear waste. The following questions, which have never been satisfactorily answered, serve as a thread:
- Do populations know the dangers of nuclear waste?
- Is nuclear power compatible with democracy?
- Who is really in charge of nuclear power?
- What do politicians and industrialists really stand to lose?
- Might nuclear waste signal the end of nuclear power?
In our quest for the truth about nuclear waste, we shine a searchlight into the darkest corner of the taboo subject of nuclear power, endeavouring to provide everyone with the keys they need to understand the choices involved and their grave implications for the future of mankind.
http://english.ntdtv.com/ntdtv_en/ns_europe/2009-10-14/804030055244.html
http://videos.sortirdunucleaire.org/spip.php?article213
http://www.dw-world.de/dw/article/0,,4786672,00.html
Saturday, October 10, 2009
La Frontiera Turco-Armena
*
Oggi i Ministri degli Esteri di Armenia e Turchia firmano a Zurigo un accordo per la riapertura delle loro frontiere chiuse dal 1993.
All'inizio degli anni '90, in seguito al crollo dell' Unione Sovietica, Armenia e Azerbaijan tornarono a scontrarsi per il possesso della regione del Nagorny-Karabakh abitata da una maggioranza armena ma appartenente alla Repubblica Socialista Sovietica Azera dal 1923. Dall'inizio del 1992 la regione divenne di fatto un'enclave armena in territorio azero, per quanto non riconosciuta internazionalmente. La Turchia, in appoggio dell' Azerbaijan, chiuse ogni rapporto con l'Armenia.
Il Protocollo che viene firmato oggi e che dovrà essere poi ratificato dai Parlamenti delle due Repubbliche è il frutto di cinque anni di trattative condotte anche sotto la pressione di USA, Russia e Unione Europea. Nè la Turchia nè l'Armenia possono agire senza tenere conto degli interessi delle potenze che contano.
L'Unione Europea chiede agli Stati membri (e a quelli che vogliono diventare membri) di non avere conflitti e vuole stabilità nella regione del Caucaso. Questa è un ponte fondamentale per le forniture di idrocarburi dalla zona del Mar Caspio e una direttrice armeno-turca pacificata sarebbe comunque conveniente ad entrambi in Paesi in quanto faciliterebbe gli investimenti esteri.
La Russia ha forti interessi commerciali in Armenia ne controlla la rete elettrica (inclusa la centrale nucleare a Medzamor) e la rete ferroviaria. Come la guerra contro la Georgia ha dimostrato un anno fa, la Russia è decisiva nel Caucaso. Ora però la Georgia vieta le sue rotte aeree alla Russia e questo crea grave disagio per i collegamenti aerei, militari e civili, con l' Armenia. Anche i trasporti via terra sono divenuti difficili e così, paradossalmente, la guerra tra Russia e Georgia ha finito per facilitare la riapertura delle frontiere tra Turchia e Armenia: il traffico russo-armeno potrà transitare lungo le strade turche. Ed un miglioramento dei rapporti turco-russi potrebbe portare a: 1) il riconoscimento dell'indipendenza dell' Abkhazia da parte turca, 2) il riconoscimento di Cipro Nord come territorio turco da parte russa.
Sembrerebbe meno chiaro il ruolo diretto esercitato dagli USA nella distensione turco-armena ma in realtà tale ruolo c'è. L'interesse principale degli USA nella regione è legato alla costruzione del gasdotto Nabucco progettato per trasportare gas azero e turkmeno dalla regione del Caspio all'Europa via Turchia. Il progetto però non prevedeva il transito in Armenia peraltro storicamente legata alla Russia e doveva essere alternativo al gasdotto South Stream voluto da GazProm. Ora però gli USA sembrano orientati ad una politica di cooperazione anche energetica con la Russia e dunque vedrebbero volentieri un Caucaso pacificato. Tra l'altro le riserve di petrolio e gas dell' Azerbaijan erano state sovrastimate e il solo gas azero non giustifica da solo la costruzione del Nabucco che diventerebbe però determinante per il trasporto del gas iracheno. Anche l'Armenia potrebbe partecipare al progetto Nabucco se risolverà la questione del Nagorny-Karabakh con l' Azerbaijan che comunque, anche se ha meno linfa del previsto, rimane un buon partner per gli USA e per Israele oltre che alleato storico della Turchia. Se l'Armenia fa pace con la Turchia potrebbe rilassarsi anche con l' Azerbaijan traendone un doppio vantaggio e rendendo la vita più facile anche agli interessi degli USA.
Dunque l'apertura delle frontiere tra Turchia e Armenia è una mossa conveniente a tutti i grandi protagonisti della partita a scacchi che ha luogo nella regione del Caucaso.
Rimane però per entrambi i Paesi la gigantesca questione del discusso genocidio armeno che viene ricordata solo indirettamente nel Protocollo ma che peserà come un macigno anche nel tempo a venire. E il Presidente Armeno sta già fronteggiando una forte opposizione sia in Armenia che tra le potenti comunità della diaspora Armena.
Oggi i Ministri degli Esteri di Armenia e Turchia firmano a Zurigo un accordo per la riapertura delle loro frontiere chiuse dal 1993.
All'inizio degli anni '90, in seguito al crollo dell' Unione Sovietica, Armenia e Azerbaijan tornarono a scontrarsi per il possesso della regione del Nagorny-Karabakh abitata da una maggioranza armena ma appartenente alla Repubblica Socialista Sovietica Azera dal 1923. Dall'inizio del 1992 la regione divenne di fatto un'enclave armena in territorio azero, per quanto non riconosciuta internazionalmente. La Turchia, in appoggio dell' Azerbaijan, chiuse ogni rapporto con l'Armenia.
Il Protocollo che viene firmato oggi e che dovrà essere poi ratificato dai Parlamenti delle due Repubbliche è il frutto di cinque anni di trattative condotte anche sotto la pressione di USA, Russia e Unione Europea. Nè la Turchia nè l'Armenia possono agire senza tenere conto degli interessi delle potenze che contano.
L'Unione Europea chiede agli Stati membri (e a quelli che vogliono diventare membri) di non avere conflitti e vuole stabilità nella regione del Caucaso. Questa è un ponte fondamentale per le forniture di idrocarburi dalla zona del Mar Caspio e una direttrice armeno-turca pacificata sarebbe comunque conveniente ad entrambi in Paesi in quanto faciliterebbe gli investimenti esteri.
La Russia ha forti interessi commerciali in Armenia ne controlla la rete elettrica (inclusa la centrale nucleare a Medzamor) e la rete ferroviaria. Come la guerra contro la Georgia ha dimostrato un anno fa, la Russia è decisiva nel Caucaso. Ora però la Georgia vieta le sue rotte aeree alla Russia e questo crea grave disagio per i collegamenti aerei, militari e civili, con l' Armenia. Anche i trasporti via terra sono divenuti difficili e così, paradossalmente, la guerra tra Russia e Georgia ha finito per facilitare la riapertura delle frontiere tra Turchia e Armenia: il traffico russo-armeno potrà transitare lungo le strade turche. Ed un miglioramento dei rapporti turco-russi potrebbe portare a: 1) il riconoscimento dell'indipendenza dell' Abkhazia da parte turca, 2) il riconoscimento di Cipro Nord come territorio turco da parte russa.
Sembrerebbe meno chiaro il ruolo diretto esercitato dagli USA nella distensione turco-armena ma in realtà tale ruolo c'è. L'interesse principale degli USA nella regione è legato alla costruzione del gasdotto Nabucco progettato per trasportare gas azero e turkmeno dalla regione del Caspio all'Europa via Turchia. Il progetto però non prevedeva il transito in Armenia peraltro storicamente legata alla Russia e doveva essere alternativo al gasdotto South Stream voluto da GazProm. Ora però gli USA sembrano orientati ad una politica di cooperazione anche energetica con la Russia e dunque vedrebbero volentieri un Caucaso pacificato. Tra l'altro le riserve di petrolio e gas dell' Azerbaijan erano state sovrastimate e il solo gas azero non giustifica da solo la costruzione del Nabucco che diventerebbe però determinante per il trasporto del gas iracheno. Anche l'Armenia potrebbe partecipare al progetto Nabucco se risolverà la questione del Nagorny-Karabakh con l' Azerbaijan che comunque, anche se ha meno linfa del previsto, rimane un buon partner per gli USA e per Israele oltre che alleato storico della Turchia. Se l'Armenia fa pace con la Turchia potrebbe rilassarsi anche con l' Azerbaijan traendone un doppio vantaggio e rendendo la vita più facile anche agli interessi degli USA.
Dunque l'apertura delle frontiere tra Turchia e Armenia è una mossa conveniente a tutti i grandi protagonisti della partita a scacchi che ha luogo nella regione del Caucaso.
Rimane però per entrambi i Paesi la gigantesca questione del discusso genocidio armeno che viene ricordata solo indirettamente nel Protocollo ma che peserà come un macigno anche nel tempo a venire. E il Presidente Armeno sta già fronteggiando una forte opposizione sia in Armenia che tra le potenti comunità della diaspora Armena.
Friday, October 9, 2009
24 Ottobre e Vicino Oriente
*
Tra le tante parti del mondo in cui le questioni ambientali si intrecciano a quelle politiche, una è particolarmente ricca di storia, significati e simboli: il Vicino Oriente. E' lì, nella Mezzaluna Fertile in cui è nata l'agricoltura circa 10.000 anni fa, che popoli simili per lingue e per usanze alimentari si contendono risorse idriche sempre più scarse e preziose.
Mentre gli effetti della ridotta piovosità si fanno sentire soprattutto in Giordania, il Mar Morto è sempre più depresso a causa del fatto che le acque del fiume Jordan vengono in gran parte deviate prima di raggiungerlo. E così sarà proprio vicino al Mar Morto che si terrà il 24 Ottobre un evento organizzato da Friends of the Earth Middle East, associazione che da anni promuove la cooperazione tra i popoli confinanti a partire dai temi ambientali.
Il 24 Ottobre è la giornata internazionale dedicata ai cambiamenti climatici. Le associazioni che promuovono queste iniziative hanno scelto come logo il numero 350 che rappresenta le parti per milione (ppm) di CO_2 in atmosfera che, si ritiene, non dovrebbero essere superate. Al di sopra di quella soglia il riscaldamento globale avrebbe un importante contributo di origine umana. Oggi siamo già sopra la soglia delle 350 ppm.
Tra le tante parti del mondo in cui le questioni ambientali si intrecciano a quelle politiche, una è particolarmente ricca di storia, significati e simboli: il Vicino Oriente. E' lì, nella Mezzaluna Fertile in cui è nata l'agricoltura circa 10.000 anni fa, che popoli simili per lingue e per usanze alimentari si contendono risorse idriche sempre più scarse e preziose.
Mentre gli effetti della ridotta piovosità si fanno sentire soprattutto in Giordania, il Mar Morto è sempre più depresso a causa del fatto che le acque del fiume Jordan vengono in gran parte deviate prima di raggiungerlo. E così sarà proprio vicino al Mar Morto che si terrà il 24 Ottobre un evento organizzato da Friends of the Earth Middle East, associazione che da anni promuove la cooperazione tra i popoli confinanti a partire dai temi ambientali.
Il 24 Ottobre è la giornata internazionale dedicata ai cambiamenti climatici. Le associazioni che promuovono queste iniziative hanno scelto come logo il numero 350 che rappresenta le parti per milione (ppm) di CO_2 in atmosfera che, si ritiene, non dovrebbero essere superate. Al di sopra di quella soglia il riscaldamento globale avrebbe un importante contributo di origine umana. Oggi siamo già sopra la soglia delle 350 ppm.
Venti anni fa, da Leipzig a Berlin
*
Venti anni fa le manifestazioni di Leipzig segnarono la fine del regime nella Germania Orientale e anticiparono di un mese la caduta del muro di Berlino.
Una testimonianza di un giornalista della BBC e un breve filmato
Venti anni fa le manifestazioni di Leipzig segnarono la fine del regime nella Germania Orientale e anticiparono di un mese la caduta del muro di Berlino.
Una testimonianza di un giornalista della BBC e un breve filmato
Sui Costi Economici di Calamità più o meno Naturali
*
Giusto 3 anni fa, l'economista e Consigliere del Governo Britannico Sir Nicholas Stern stilava un rapporto sui costi economici dei cambiamenti climatici divenuto poi noto nel mondo come Stern Review.
Il Rapporto parte dal dato generalmente accettato che, quand'anche le emissioni di gas-serra si mantenessero sui livelli attuali, attorno al 2050 la concentrazione in atmosfera di CO_2 equivalente raggiungerebbe il valore di 550 ppm (parti per milione). Cioè circa il doppio della concentrazione esistente prima della Rivoluzione Industriale. Attualmente siamo a circa 430 ppm di CO_2 (e) e circa 386 ppm di solo CO_2 che, tra i gas serra, fa la parte del leone.
Considerando vari, possibili scenari relativi ai cambiamenti climatici indotti dagli incrementi di CO_2(e), il rapporto Stern valuta l'impatto e il costo economico dovuto a fenomeni climatici estremi, dalle siccità alle inondazioni, dall' innalzamento del livello dei mari all' acidificazione degli oceani. In realtà il Rapporto Stern è un lavoro di rassegna dunque recensisce una vasta letteratura in materia sottolinenando l'urgenza del tema all'opinione pubblica e ai tanti Governi che fanno finta di non vedere. La conclusione è che investire in misure preventive anche solo l'1% del PIL annuo fino al 2050, per stabilizzare le emissioni di gas serra, conviene comunque in termini economici.
Neanche due mesi fa scrivevo a proposito dei danni alla produzione agricola dovuta al ritardo delle piogge monsoniche in India.
Qualche giorno fa è arrivata un' inondazione eccezionale che ha devastato gli Stati Indiani dell' Andra Pradesh e del Karnataka facendo centinaia di morti e spazzando via centinaia di villaggi. Lunedì 5 Ottobre i senza casa venivano stimati in circa 5 milioni. Come sempre in India la scala dei fenomeni è gigantesca. Tra i distretti più colpiti c'è quello di Mahabubnagar, situato in una fertile zona dell' Andra Pradesh. Qui si trova anche il villaggio di Rajoli famoso per la produzione di tessuti e di sete pregiate.
Sia Andra Pradesh che Karnataka hanno perso una buona parte della produzione agricola, dalla canna da zucchero al riso, dalle cipolle ai melograni.
Ora il Centro per le Calamità Naturali stanzia oltre 2 miliardi di Rupie, 32 milioni di Euro, come primo aiuto alle popolazioni colpite. Anche queste somme andrebbero conteggiate negli aggiornamenti del Rapporto Stern mentre tanti danni probabilmente non verranno mai quantificati con precisione. Chissà se e quando i telai di Rajoli torneranno a produrre i sari di seta.
Giusto 3 anni fa, l'economista e Consigliere del Governo Britannico Sir Nicholas Stern stilava un rapporto sui costi economici dei cambiamenti climatici divenuto poi noto nel mondo come Stern Review.
Il Rapporto parte dal dato generalmente accettato che, quand'anche le emissioni di gas-serra si mantenessero sui livelli attuali, attorno al 2050 la concentrazione in atmosfera di CO_2 equivalente raggiungerebbe il valore di 550 ppm (parti per milione). Cioè circa il doppio della concentrazione esistente prima della Rivoluzione Industriale. Attualmente siamo a circa 430 ppm di CO_2 (e) e circa 386 ppm di solo CO_2 che, tra i gas serra, fa la parte del leone.
Considerando vari, possibili scenari relativi ai cambiamenti climatici indotti dagli incrementi di CO_2(e), il rapporto Stern valuta l'impatto e il costo economico dovuto a fenomeni climatici estremi, dalle siccità alle inondazioni, dall' innalzamento del livello dei mari all' acidificazione degli oceani. In realtà il Rapporto Stern è un lavoro di rassegna dunque recensisce una vasta letteratura in materia sottolinenando l'urgenza del tema all'opinione pubblica e ai tanti Governi che fanno finta di non vedere. La conclusione è che investire in misure preventive anche solo l'1% del PIL annuo fino al 2050, per stabilizzare le emissioni di gas serra, conviene comunque in termini economici.
Neanche due mesi fa scrivevo a proposito dei danni alla produzione agricola dovuta al ritardo delle piogge monsoniche in India.
Qualche giorno fa è arrivata un' inondazione eccezionale che ha devastato gli Stati Indiani dell' Andra Pradesh e del Karnataka facendo centinaia di morti e spazzando via centinaia di villaggi. Lunedì 5 Ottobre i senza casa venivano stimati in circa 5 milioni. Come sempre in India la scala dei fenomeni è gigantesca. Tra i distretti più colpiti c'è quello di Mahabubnagar, situato in una fertile zona dell' Andra Pradesh. Qui si trova anche il villaggio di Rajoli famoso per la produzione di tessuti e di sete pregiate.
Sia Andra Pradesh che Karnataka hanno perso una buona parte della produzione agricola, dalla canna da zucchero al riso, dalle cipolle ai melograni.
Ora il Centro per le Calamità Naturali stanzia oltre 2 miliardi di Rupie, 32 milioni di Euro, come primo aiuto alle popolazioni colpite. Anche queste somme andrebbero conteggiate negli aggiornamenti del Rapporto Stern mentre tanti danni probabilmente non verranno mai quantificati con precisione. Chissà se e quando i telai di Rajoli torneranno a produrre i sari di seta.
Thursday, October 1, 2009
La Centrale Eolica del Texas
*
E' stato completato il più grande parco eolico del mondo. Lo ha realizzato a Roscoe nel Texas l'azienda tedesca E.ON Climate and Renewables. Si tratta di un complesso di 627 turbine per una potenza totale di 781.5 MW distribuite su circa 40.000 ettari. E' costato poco più di 1 miliardo di dollari che significa circa 1.3 US$ per Watt.
E' importante notare che il lavoro è stato realizzato in soli due anni. Laddove vi siano grandi superfici disponibili e sufficiente ventosità è evidente che la fonte eolica si impone per rese energetiche e ritorno economico dell'investimento.
E' stato completato il più grande parco eolico del mondo. Lo ha realizzato a Roscoe nel Texas l'azienda tedesca E.ON Climate and Renewables. Si tratta di un complesso di 627 turbine per una potenza totale di 781.5 MW distribuite su circa 40.000 ettari. E' costato poco più di 1 miliardo di dollari che significa circa 1.3 US$ per Watt.
E' importante notare che il lavoro è stato realizzato in soli due anni. Laddove vi siano grandi superfici disponibili e sufficiente ventosità è evidente che la fonte eolica si impone per rese energetiche e ritorno economico dell'investimento.
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